A Chernobyl il problema delle radiazioni continua a generare delle mutazioni genetiche, nelle zone vicine all’ex centrale nucleare, molto preoccupanti. Vediamo insieme cosa dice il nuovo studio.
Nonostante siano passati più di 30 anni, l’incidente accaduto a Chernobyl nell’Aprile del 1986, continua ad essere conosciuto anche dalle giovani generazioni, implica una serie tv che ha nuovamente alimentato il dibattito sul tema. Anche perché parliamo di uno dei più grandi drammi vissuti nella storia dell’Occidente, che ancora oggi presenta un conto molto salato da pagare.
In primo luogo perchè quella che è stata soprannominata nel tempo “zona di alienazione” ovvero quella zona delle città ancora contaminata da radiazioni. Parliamo di una perimetro con un raggio di circa 30 chilometri quadrati, in cui ancora oggi, possono entrare soltanto gli scienziati e tecnici molto esperti.
Chernobyl, ecco cosa ha scoperto il nuovo studio uscito negli Stati Uniti
Ma se questa zona, fin da dopo l’incidente è stata evacuata, facendo allontanare tutti gli esseri umani che vivevano in questo perimetro, molti animali sono rimasti invece lì, senza che il governo si preoccupasse troppo di spostarli e allontanare anche loro da un luogo pieno di radiazioni. E gli effetti di questa scelta sono purtroppo visibili ancora oggi.
Forse non tutti lo sanno, ma ormai da qualche tempo, sono diverse le ricerche scientifiche uscite che testimoniano come qualcosa nel dna di questi animali è cambiato. Le radiazioni sembrano aver prodotto in loro una vera e propria mutazione genetica.
Un nuovo studio ad esempio, realizzato dal National Institute of Health negli Usa, è riuscito a dimostrare come, alcune specie animali che sono nate in quella zona anni dopo l’incidente nucleare, hanno sviluppato un genoma molto diverso dai loro simili che hanno invece vissuto in zone vicine, ma non contaminate.
Gli animali che vivono in quella zona sono andati incontro a una vera e propria mutazione genetica
Parliamo dunque di una vera e propria mutazione genetica negli animali, che testimonia quanto siano pericolose le radiazioni sprigionate quel giorno. Per giungere a queste conclusioni, il team di ricercatori dell’università americana, ha analizzato circa 300 cani che sono nati e cresciuti vicino all’ex centrale elettrica più famosa d’Occidente.
Una ricerca nata in primo luogo per capire e studiare meglio gli effetti delle radiazioni sulla natura e le specie viventi che non hanno mai abbandonato quel luogo. Come ha dichiarato David Brenner, uno degli autori dello studio: “La continua presenza di cani nell’area dimostra che la specie è stata in grado di sopravvivere e riprodursi nonostante le condizioni di radioattività, il che è piuttosto notevole”.