Quanto può incidere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sul lavoro umano? Davvero alcune professioni potrebbero estinguersi?
È un dibattito aperto da ben più tempo di quanto non sembri. E non solo per l’uscita del film “Matrix”, con tutte le sue implicazioni nel rapporto tra essere umano e sviluppo tecnologico.
L’intelligenza artificiale affascina e spaventa nella misura in cui il progresso ha da sempre stimolato e, al contempo, lasciato interdetto l’uomo nel corso della sua evoluzione. Da un lato le potenzialità di un futuro sempre più integrato con i ritrovati tecnologici raggiunti dall’interazione tra uomo e macchina, dall’altro il timore, non solo inconscio, che questi possano prendere il sopravvento rispetto all’arbitrio dell’essere umano. In realtà i rischi, se così è possibile chiamarli, sono decisamente più “pratici”. Secondo il dibattito pubblico, l’aumento dell’incidenza dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite potrebbe portarne, come spesso accade con le novità introdotte nella quotidianità, a un abuso. Inducendo quindi le persone a ricorrere più a interlocutori robotici o informatici piuttosto che reali.
Per la verità il dibattito si sposta sulla scala dei parametri, oscillando tra quello etico e filosofico fino a quello meramente occupazionale. È chiaro che, nel momento in cui la tecnologia umana riesce a mettere a punto un sistema in grado di fornire risposte in modo (più che) sommariamente corrispondente a quelle dell’uomo stesso, una certa inquietudine è inevitabile. E, con essa, qualche domanda di contorno: l’intelligenza artificiale è davvero in grado di sostituire l’uomo? orse, però, il quesito potrebbe essere ancora più preciso: alcuni lavori potrebbero sul serio essere sostituiti da un macchina intelligente?
Lavori a rischio con l’intelligenza artificiale? Cosa c’è di vero
L’esperimento di ChatGPT ha contribuito a incrementare le discussioni circa la reale bontà dell’interazione virtuale con un’intelligenza robotica. Anche perché, come dimostrato da alcuni test, il ricorso a risposte artificiali potrebbe realmente incidere sulle decisioni dell’essere umano. Un po’ per convenienza, un po’ per una sorta di meccanismo (in parte) inconscio di attribuzione di responsabilità a soggetti terzi, seppur di fatto inesistenti. Da qui il timore, per chi osserva il cambiamento da prospettive più distanti, che il progresso possa in qualche modo prenderci la mano. Una recente indagine di Goldman Sachs ha provato realmente a inquadrare la portata del cambiamento, individuando alcune processioni che, alla luce degli sviluppi (reali e potenziali) dell’intelligenza artificiale potrebbero essere soppiantati. O addirittura sparire per sempre.
La questione non è legata unicamente alle professioni sostituibili da un sistema legato all’intelligenza artificiale. Secondo l’analisi della società, infatti, chi ragiona sull’implementazione di tali meccanismi lo fa in un’ottica di sviluppo pratico. L’intelligenza artificiale generativa, ad esempio, potrebbe consentire un aumento del Pil globale annuo del 7% per i prossimi dieci anni. E questo proprio in virtù del risparmio derivante dalla sostituzione del personale umano in alcune mansioni chiave. Non si parla, chiaramente, di lavori pratici, come quello dell’operaio o dell’artigiano, ma di quei mestieri già esposti all’automazione, in primis quelli legati all’ambito amministrativo e legale. Per i quali, addirittura il 50% del lavoro potrebbe già ora passare all’intelligenza artificiale.
Se vogliamo, una riproposizione delle paure legate all’aumento di produttività della rivoluzione industriale e del luddismo che ne derivò. Ma, stavolta, non c’è un telaio meccanico con cui prendersela…