Costi tagliati, ospiti ridotti e cerimoniale essenziale. Carlo III sale al trono tenendo d’occhio i conti pubblici.
Ufficialmente, Carlo III è sorano del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dal momento in cui si è spenta sua madre, Elisabetta II. Un passaggio diretto di consegne tra un sovrano e l’altro, prassi scolpita nella pietra nella lunga storia del trono britannico.
A voler essere precisi, l’ex Principe di Galles è stato formalmente proclamato sovrano il 10 settembre 2022, due giorni dopo la morte della regina, con cerimonia solenne nel St. James’s Palace dinnanzi al Consiglio di Accessione al trono. Questo significa che, ormai da 240 giorni, Carlo è a tutti gli effetti re del Regno Unito. Per questo la cerimonia di incoronazione, attesa per otto mesi dai sudditi britannici e dallo stesso monarca, appare quasi una formalità rispetto al ruolo che il sovrano già ricopre. Il punto è che, per quanto sia un passaggio che ottempera perlopiù a una tradizione millenaria, per il popolo britannico l’incoronazione di Carlo III rappresenterà realmente un momento storico.
Almeno un paio di generazioni di sudditi assisteranno per la prima volta a un evento di questo tipo. Preparato nei minimi dettagli, rispettando dogmi secolari, gesti, tradizioni, accorgimenti, liturgie e tutto quanto contribuisca a rendere la posa della corona di sant’Edoardo sul capo del re un atto di comunione viscerale tra popolo e monarchia. Quella che Carlo III dovrà mantenere salda negli anni che saranno il suo regno, dopo aver recuperato in tempi record popolarità agli occhi dei britannici come Principe di Galles. Un risultato che è un punto a favore del sorano, pronto a segnare una discontinuità con l’opulenza del passato. Proprio lui, preparatosi per una vita al ruolo tra doveri e discipline. Cercando di non mollare né la mano della Casa Reale né quella del suo popolo.
Il primo segno del nuovo corso sarà l’incoronazione stessa: più snella, con l’intento preciso di non gravare troppo sulle casse di un Regno molto meno “unito”, almeno sul piano finanziario, di quanto non appaia. Persino gli invitati sono ridotti all’osso. Per quanto non meno di duemila persone assieperanno l’Abbazia di Westminster, appaiono nulla rispetto alle ottomila che videro coi propri occhi Geoffrey Fisher, arcivescovo di Canterbury, posare sul capo di Elisabetta II la corona del regno. Come sua madre, Carlo ha scelto di segnare un punto di svolta già a partire dalla più formale e sentita delle cerimonie. Elisabetta giurò di servire il Paese in diretta televisiva, come mai accaduto prima e, probabilmente, leggermente in controtendenza con il protocollo british, rappresentato all’epoca da un Winston Churchill tutt’altro che propenso ad offrire la solennità dell’evento ai media televisivi. Quella di Carlo, sarà scandita dalle interazioni social.
Quel che allora apparve un segno evidente delle intenzioni della sovrana di tenere uno sguardo attento sui cambiamenti dei tempi, oggi il problema nemmeno si pone. Semmai, viene letto in senso opposto. E Carlo, lungimirante nell’anticipare quelle tematiche che sarebbero diventate proprie delle generazioni più giovani del XXI secolo, ha scelto di asciugare il cerimoniale, probabilmente anche per non scoprire il fianco a critiche gratuite. Quanto costerà il tutto si saprà solo a corona posata. Secondo le stime del Sun, tuttavia, si oscillerà tra i 100 e i 120 milioni di sterline.
Buona parte delle quali sarà dirottata sulla sicurezza: 29 mila agenti a Londra come protezione per il corteo reale, senza contare la predisposizione di cecchini sui tetti, poliziotti in borghese e zona volo interdetta sopra la capitale. Una spesa totale che, secondo il Sunday Mirror, potrebbe alzarsi ad almeno 150 milioni. Soldi che, in quanto evento di Stato, spetterà al Governo tirare fuori, attingendo all’indennità della sovvenzione sovrana.
È chiaro che il paragone col passato è poco fattibile. L’incoronazione di Elisabetta II, nel 1953, costò al Regno Unito – uscito da meno di dieci anni dalla Seconda guerra mondiale – ben 1,5 milioni di sterline. Al cambio attuale, sarebbero circa 50. Quella di Carlo, però, arriva in un momento estremamente particolare e, forse, per certi versi favorevole. Un post-pandemia che permetterà a migliaia di turisti di atterrare nel Regno Unito per assistere a un evento unico per i figli del Terzo millennio. L’emorragia dei costi dovrebbe quindi essere ammortizzata dall’indotto (+ 120 milioni solo per i pub).
E questo nonostante i britannici, sondaggi alla mano, avrebbero preferito uno sforzo direttamente dalle casse reali. Ma è pur ero che, per il popolo britannico, l’incoronazione del proprio sovrano non ha prezzo. Almeno a livello sentimentale. L’importante è che la rotta, negli anni che verranno, tenga conto di una rinnovata sensibilità sul tema dei conti pubblici. Un terreno che, teoricamente, dovrebbe vedere Carlo ben preparato.