L’economista che predisse la crisi del 2008 torna a spaventare i risparmiatori globali. Gli ingredienti per un crack peggiore ci sono tutti.
In un momento storico di sofferenza quotidiana, se non altro per gli effetti rilessi delle tante crisi convergenti, ciò che mancava era probabilmente un vaticinio nefasto su ciò che (a breve) sarà.
Detto atto. Anche se, c’è da dirlo, a compensare il deficit non sono arrivate né sere magiche né profezie basate su presagi o cose simili, ma una competente riflessione analitica. Anzi, finanziaria isto che l’economista Nouriel Roubini, lo stesso che anticipò (a ragione) la crisi del 2008, ha profetizzato una nuova imminente recessione bancaria. Peggiore di quella passata. Più precisamente, una nuova fase delle criticità affrontate in qui, tanto potente quanto imprevista, almeno per la disponibilità delle contromisure a disposizione. Un ero e proprio crollo economico-finanziario, dagli effetti potenzialmente devastanti per il portafogli globale. Anche perché, secondo le previsioni, a rimetterci potrebbero essere tanto gli istituti di credito quanto (di conseguenza) i semplici contribuenti.
Non è un mistero che, in queste ultime settimane, alcune banche abbiano registrato delle flessioni, anche importanti. Con il timore di effetti riflessi che, allo stato attuale, sembrano esser stati comunque ammortizzati in modo sufficientemente rassicurante. È chiaro però che, alla lunga, lo stress del settore finanziario potrebbe far esplodere quella che, secondo gli analisti, è una fragile bolla di sapone. In particolare, secondo Roubini, un segnale importante arriva dalle criptovalute e dal settore hi-tech, teoricamente tra i settori in rampa di lancio (o comunque potenzialmente più redditizi) eppure segnalati tra i più in difficoltà, almeno per quel che riguarda gli istituti bancari specializzati nel loro trattamento.
La crisi economica è dietro l’angolo: i segnali da non sottovalutare
A giudizio dell’economista, la difficoltà nel raggiungere una stabilità nei prezzi e mantenere la barra dritta sulla crescita economica, impedirebbe l’ottenimento di una condizione finanziaria sufficiente a tenere la linea di galleggiamento. Il problema sarebbe proprio nel sistema bancario che, per Roubini, sarebbe ben più precario di quanto dichiarato fin qui. Nel 2008, le sue previsioni erano state bollate come pessimistiche e con un accento di catastrofismo. Quanto accade quindici anni, invece, non solo è in parte scontato ancora oggi ma costringe l’opinione pubblica internazionale a prendere sul serio anche le nuove ipotesi. L’estensione del debito, sia in ambito pubblico che privato, secondo l’ex consigliere della Casa Bianca, non potrà essere assorbito dal sistema finanziario, originando quello che viene definito come un “trilemma”, determinato dall’impossibilità di far quadrare tutti i fattori necessari alla stabilità, in primis l’andamento dei prezzi.
Le differenze rispetto al 2008
Nel 2008, quella che passò per una “profezia di sventura” poggiava sulla crisi del settore immobiliare registrata nel mercato statunitense tra il 2006 e il 2007. La convergenza di una condizione di affaticamento, sia finanziario che economico, sarebbe ora l’ingrediente potenzialmente in grado di innescare il crack dei sistemi. E, addirittura, la situazione potrebbe essere stavolta ben peggiore, in quanto maggiore è il rapporto tra debito pubblico-privato e Pil. Come nel 2008, per ora non esistono supporti matematici alle tesi dell’economista ma, già all’epoca, la contestazione non resse.
Inoltre, i fattori in gioco sono assai più determinati rispetto a quelle di tre lustri fa. Si va dalla presenza di una crisi geopolitica in atto al cambiamento climatico (con le sue politiche emergenziali di contrasto, mirate al risparmio ma comunque costose). Senza contare il rischio (o la paura) di nuove pandemie. Senza contare che, nonostante l’evidenza delle difficoltà che una guerra è in grado di portare, il rischio di ulteriori conflitti è sempre dietro l’angolo. Una nuova mobilitazione di massa, anche circoscritta a due Paesi, sarebbe il colpo da k.o.