Pensioni, come funziona il diritto alla cristallizzazione? In quali casi il contribuente mantiene il beneficio pur superando le soglie reddituali? Vediamo cosa dice la legge.
Con il termine cristallizzazione delle pensioni si intende il trattamento minimo sull’importo dell’assegno mensile che lo stato è obbligato per legge a concedere ad alcune categorie di pensionati. Si tratta dunque di una vera e propria integrazione al trattamento minimo degli importi pensionistici, il cui scopo è quello di tutelare i pensionati che percepiscono una cifra molto bassa, che non gli può consentire di vivere in modo dignitoso.
Al momento, il trattamento minimo sulle pensioni è fissato dalla legge alla cifra di 563,73 euro mensili. Mentre il reddito minimo per i pensionati, sotto il quale possono scattare aiuti e agevolazioni di stato, è fissato a 7,328 euro. E qualunque assegno, nel momento in cui un contribuente arriva all’età della pensione, dà luogo a un calcolo più basso di questa somma, in base agli anni di servizio e ai contributi maturati, deve essere necessariamente integrato con il trattamento minimo per arrivare a questa quota.
Pensioni, come funziona la cristallizzazione e quando scatta
Nella nuova legge di bilancio varata nel 2023 inoltre, è stato anche stabilito di preservare in modo totale la rivalutazione di tutti gli assegni, adeguandoli al costo della vita, per tutti gli importi che arrivano fino ad un un massimo di quattro volte il minimo stabilito per legge. Ma cosa succede se un pensionato, a cui è stata accordata l’integrazione sull’assegno pensionistico, nell’anno in cui fruisce di questa misura, finisce poi per superare gli importi previsti?
In questo caso l’Inps può riservarsi di richiedere indietro al contribuente la somma in eccesso, in quanto non dovuta. In questo caso però, il contribuente viene tutelato proprio dalla cristallizzazione delle pensioni. Questa infatti prevede che il pensionato possa continuare a percepire l’importo pieno fino alla scadenza del beneficio, l’integrazione minima sull’importo, a patto però che la cifra non venga nuovamente superata.
Si tratta di una norma introdotta per tutelare i cittadini da particolari situazioni che si possono verificare, e che possono fare perdere il diritto al beneficio, nonostante le condizioni economiche del contribuente restino difficili.
Cosa accade quando l’assegno con integrazione, si somma a quello di reversibilità? Si perde il beneficio?
Facciamo l’esempio di un pensionato, che gode di una pensione integrata con il trattamento minimo cristallizzato. Supponiamo che alla morte della moglie, questi finisca con il percepire anche l’assegno di reversibilità ai superstiti. Una cifra che sommata a quanto percepisce, porta il contribuente, mettendo insieme i due assegni, a superare il limite reddituale dei 7,328 euro.
Seguendo quanto prevede la legge, ci si aspetterebbe che il pensionato perda dunque il diritto a continuare a ricevere l’integrazione sul suo assegno. Non è così, in quanto, proprio per effetto della cristallizzazione, che consentirà al contribuente di mantenere questo beneficio fino alla sua scadenza. Questo però non vale, nel caso in cui, continuando in questo esempio, la pensione di reversibilità della moglie sia destinata a più titolari, come ad esempio i figli della coppia.
Se uno dei titolari dell’assegno ci rinuncia, il diritto alla cristallizzazione viene meno, perché l’importo verrà interamente ricalcolato, e l’integrazione decade se si superano le soglie reddituali previste. Nel momento in cui la pensione viene cristallizzata con l’integrazione per il trattamento minimo, L’Inps allegherà questa dicitura nel certificato di pensione del contribuente, che può essere anche scaricato dai cittadini direttamente sul sito dell’Istituto di Previdenza.