Versare soldi ai propri figli tramite bonifico può contribuire a formare reddito? Ecco cosa ne pensa la Commissione Tributaria.
“Fiscalmente irrilevante”. Una dicitura che va applicata (nel suo concetto, non letteralmente) rigorosamente nel momento in cui si versa denaro sul conto dei propri figli. Sì, perché nemmeno un bonifico effettuato come aiuto da parte di un genitore verso la prole sfugge all’attenzione del Fisco.
Specie se non viene fornita la prova, appunto, che tale importo non contribuisca a formare il reddito. Una situazione complessa, dal momento che dal punto di vista fiscale il tutto assume una certa rilevanza. Specie alla luce della sentenza n. 773 della Commissione Tributaria del Piemonte, risalente al 6 ottobre scorso, che ha fissato importanti paletti sull’intersezione fra i bonifici dei genitori e le eventuali tasse.
Nello specifico, il caso riguardava una ragazza che, dopo aver beneficiato di un bonifico da parte del padre, aveva omesso di fornire la prova che il movimento non fosse, per l’appunto, fiscalmente rilevante. Il ricorso, inoltrato sia dalla contribuente che dell’Ufficio, è stato respinto dalla CTR piemontese, determinando di fatto la rilevanza del denaro sul piano reddituale. E, di conseguenza, una tassazione da applicarvi al momento della dichiarazione.
In buona sostanza, la sentenza stabilisce che il bonifico dai genitori costituisce reddito e, di conseguenza, va dichiarato. Nella causale, infatti, non solo non compariva la definizione “donazione” ma addirittura era specificato “restituzione”. Per questo, la Commissione Tributaria ha considerato le somme accreditate come possibili redditi non denunciati. Per scongiurare tale ipotesi, l’unica soluzione sarebbe stata l’indicazione specifica che il movimento non fosse fiscalmente rilevante. La contribuente, da parte sua, ha fornito una spiegazione, sostenendo che il bonifico di suo padre avrebbe riguardato denaro proveniente dalla riduzione di capitale di una società. Il tutto nell’ambito del passaggio sa S.p.A. ad S.r.l. A seguito della quale, era stata operata anche una restituzione parziale pari a 152 mila euro, fra il 2002 e il 2006.
Una giustificazione che ai giudici non è bastata. Questo perché non è stato dimostrato che la somma fosse stata versata dalla donna affinché suo padre la investisse. Inoltre, la Commissione ha ricordato che “è onere del contribuente fornire la prova del negozio sottostante per le somme accreditate”. Una necessità effettiva, anche nel caso in cui il bonifico sia da padre a figlio. Tali movimenti, infatti, possono essere inquadrati come prove presuntive di ricavi maggiori ma anche operazioni imponibili. In pratica deve essere fornita prova inconfutabile che il denaro ricevuto non sia fiscalmente di rilievo. Altrimenti la batosta è servita.