Con Quota 103 è possibile andare in pensione senza subire alcun tipo di penalizzazione economica. Vediamo nel dettaglio cosa prevede il nuovo anticipo previdenziale varato dal governo.
Con la nuova legge di bilancio il governo Meloni ha deciso di apportare alcune piccole modifiche al sistema pensionistico, prorogando le misure considerate indispensabili.
Per una vera e propria riforma del sistema previdenziale ogni discussione al momento è rimandata. Questo non significa però che non vi siano stati cambiamenti importanti introdotti con la nuova legge. È stata prorogata l’ape social, così come si è deciso di depotenziare Opzione Donna. La misura è adesso riservata alle lavoratrici donna che si trovano in condizioni di difficoltà. Anche sul fronte degli anticipi pensionistici non si registrano modifiche rilevanti.
L’unica vera novità è rappresentata dall’introduzione di Quota 103. Si tratta di una misura che consente a tutti i cittadini italiani nati entro la data ultima del 1961, di poter raggiungere anticipatamente la pensione di vecchiaia. Ci sono naturalmente alcuni requisiti da rispettare per averne diritto. In primo luogo il contribuente deve aver maturato almeno 41 anni di contributi entro la data ultima del 31 Dicembre 2023. Deve poi, al momento della presentazione della domanda, risultare necessariamente iscritto all’Assicurazione Generale obbligatoria, oppure, in alternativa alle altre forme esclusive e sostitutive previste per legge, o ancora, alla Gestione Separata dell’Istituto di Previdenza Sociale.
È bene inoltre precisare che al momento, Quota 103 resta valida soltanto nel 2023. E questo significa che, come altre misure sul tema di questi anni, ci sarà bisogno di una specifica proroga del governo nel 2024 per continuare. Quota 103 è inoltre una delle poche misure di anticipo pensionistico che non prevede penalizzazioni economiche al momento dell’uscita.
Esiste però un tetto massimo sul tipo di trattamento economico che può essere riconosciuto a chi aderisce. Per quanto riguarda invece i sistemi che vengono applicati per il calcolo dell’importo, bisogna fare alcune precisazioni. Tutti gli stipendi e l’anzianità acquisita entro la data del 31 Dicembre 1995, vengono conteggiati mediante il sistema retributivo. Mentre, tutti i contributi versati a partire dalla data del 1 Gennaio 1996, vengono invece conteggiati con il sistema contributivo.
Il requisito anagrafico previsto è invece quello di aver compiuto almeno 62 anni di età al momento della domanda. Bisogna poi precisare una cosa importante sugli gli anni di contributo richiesti. Questi infatti possono anche essere ottenuti attraverso il regime di cumulo. Risulta dunque possibile sommare tutti gli accrediti contributivi maturati nelle diverse gestione previdenziali del lavoratore. Sono però escluse da Quota 103 le Casse Professionali, ad eccezione dell’ex Inpgi.
Questo perché lo scorso anno, nella data del 1 Luglio 2022, l’ex Inpgi è stata interamente assorbita dall’Inps. Viene inoltre prevista anche la possibilità, fino al 31 Dicembre 2023, di poter esercitare il diritto all’anticipo pensionistico con Quota 103 anche per il prossimo anno. Ma questo vale soltanto nel momento in cui la domanda è stata presentata entro il termine ultimo dell’anno corrente.
Nel momento in cui la domanda per aderire Quota 103 viene accettata, l’uscita dal mondo del lavoro non è automatica per il lavoratore. Scatta a quel punto un periodo di attesa, che serve anche per erogare la liquidazione della prestazione. Queste finestre temporali iniziano nella data in cui sono maturati tutti i requisiti utili per Quota 103. Nel caso dei lavoratori del settore privato ( e questo vale sia per gli autonomi che per i lavoratori parasubordinati), l’attesa è calcolata in tre mesi. Sei mesi è invece il periodo di attesa per i dipendenti pubblici. Quest’ultima categoria oltretutto, è tenuta per legge a inviare la domanda di cessazione del servizio, sei prima che decorrano i termini in cui scatta.
Quota 103. Questa forma di anticipi pensionistico non può essere cumulata in alcun modo con un reddito da lavoro dipendente. E dunque, nel momento in cui decorre la misura, il lavoratore dovrà intendersi a tutti gli effetti in pensione. E non dovrà iniziare a svolgere altre attività professionali dopo la cessazione del servizio.
Questo però significa che i lavoratori autonomi che maturano i requisiti, devono chiudere immediatamente la partita Iva al momento dell’accettazione della richiesta. Possono infatti sfruttare i tre mesi di finestra temporale concessi e continuare la loro professione. ma come si spiegava in precedenza, diventa invece obbligatorio chiudere la Partita Iva nel momento in cui scatta l’erogazione della prestazione.