La pensione di reversibilità è intesa anche come indiretta. Condizioni leggermente diverse per il medesimo trattamento. Cosa c’è da sapere.
La definizione di reversibilità è abbastanza intuibile, anche in relazione alla pensione. Si tratta, infatti, di una somma riconosciuta a un familiare superstite del lavoratore che aveva già maturato il diritto a un trattamento pensionistico.
Anche per questo viene comunemente identificata come “pensione ai superstiti”. L’assegno, infatti, verrà riconosciuto solo in caso di decesso del pensionato. Trattamento che, va detto, sarà pari solo a una quota percentuale della pensione precedentemente percepita dal titolare. Anche sul concetto di superstiti, la normativa vigente pone alcune precisazioni. Oltre che condizioni basilari per mantenere il diritto al trattamento. Saranno ritenuti detentori del diritto alla reversibilità il coniuge o l’unito civilmente ma anche chi ha effettuato una separazione o addirittura un divorzio. In quest’ultimo caso, però, sarà necessario che il coniuge risulti titolare dell’assegno divorzile e che non sia convolato nuovamente a nozze. Inoltre, sarà obbligatoria la data di inizio del rapporto assicurativo del deceduto in data anteriore alla sentenza relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Qualora il dante (nome identificativo del titolare dell’originario assegno pensionistico) avesse contratto un nuovo matrimonio a seguito di un divorzio, le quote spettanti al superstite e all’ex coniuge saranno stabilite tramite sentenza del Tribunale. Occorre però ricordare che il diritto alla reversibilità maturerà anche per l’eventuale prole, fra i quali figureranno i figli minorenni alla data del decesso del titolare dell’assegno, i figli inabili (indipendentemente dall’età), i maggiorenni impegnati in studi e a carico del genitore al momento del decesso (e che non prestino attività lavorativa) ma non oltre il 21esimo anno di età. Nel caso in cui sussistessero condizioni di non autosufficienza economica al momento del decesso, il superstite sarà considerato fiscalmente a carico del parente deceduto.
Reversibilità, cosa si intende per “pensione indiretta
Il quadro generale sulla reversibilità, al netto delle definizioni necessarie per i coniugi superstiti divorziati, è piuttosto delineato. Nel complesso di tale tipologia pensionistica, tuttavia, rientra anche una branca del diritto relativa alla figura non del pensionato ma dell’assicurato. In questo caso, si parla di pensione indiretta, sempre in favore dei familiari superstiti. La differenza è che tale forma pensionistica sarà riconosciuta esclusivamente nel caso in cui l’assicurato abbia maturato perlomeno 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva. Nello specifico, 5 anni di anzianità assicurati, almeno 3 dei quali nei cinque precedenti alla data del decesso. Non cambieranno, comunque, le quote percentuali di trattamento riconosciute al superstite. Al momento, le aliquote di reversibilità sono così ripartite:
- coniuge solo: 60%;
- con un figlio: 80%;
- coniuge e due o più figli: 100%.
Nel caso in cui fossero i figli (o familiari diversi dal coniuge) a figurare fra coloro aventi diritto alla reversibilità, le aliquote risulteranno:
- un figlio 70%;
- due figli 80%;
- tre o più figli 100%;
- un genitore 15%;
- due genitori 30%;
- un fratello o sorella 15%;
- due fratelli o sorelle 30%.
Ritocco degli importi
Per l’anno 2023, si registra qualche novità sul fronte degli importi. Il calcolo dell’aumento viene effettuato sull’intera pensione percepita dal superstite. Al momento, il trattamento minimo dell’assegno della pensione ai superstiti è fissato a 524,34 euro al mese. Con possibilità di estensione del trattamento fino a circa 570 euro al netto degli incrementi previsti dalla rivalutazione degli assegni. Ad esempi, con un reddito fino a 3 volte il minimo, l’importo della pensione salirà sulla base di un ritocco del 60%. Bisogna poi considerare, per le pensioni minime destinate agli over 5, l’aumento dell’importo a 600 euro. Resta immutata la base reddituale per l’accesso alla pensione: 20.489,82 euro. Lo stesso importo del 2022.