Bullismo e cyberbullismo possono rappresentare atteggiamenti distruttivi nei confronti delle vittime. La Polizia diffonde un vademecum per i genitori.
Il benessere psicologico è un requisito essenziale per una vita, se non sana, quantomeno tranquilla. Eppure, già in giovane età, è uno degli aspetti maggiormente messi in difficoltà dalle circostanze e dagli atteggiamenti di chi interagisce con noi.
I fenomeni in grado di compromettere la nostra autostima o le nostre convinzioni sono numerosi. E, purtroppo, manifestabili anche nei periodi più delicati della nostra crescita, a cominciare dagli anni scolastici. Se sul posto di lavoro si può parlare di episodi di mobbing, intesi come atteggiamenti in grado di rendere estremamente difficile la vita in ufficio o negli altri luoghi di occupazione a una determinata persona, a scuola è il bullismo a far vacillare l’emotività di chi lo subisce. Atteggiamenti di prepotenza, derisione e angherie varie, spesso messe in atto in gruppo nei confronti di una singola persona. I cui effetti, troppo spesso, vengono fraintesi o addirittura non riconosciuti. Nemmeno dalle famiglie delle vittime. Eventualità che, come precisato dalla Polizia, emerge anche qualora il bullismo fosse operato attraverso gli strumenti tecnologici.
Una “variante” denominata cyberbullismo, altrettanto pericolosa. Forse anche di più, per certi versi, degli atteggiamenti diretti. In primis perché l’atto di derisione o di prepotenza è in grado di essere eseguito davanti a un pubblico decisamente più vasto, potenzialmente in grado di accrescere la gravità dell’impatto psicologico sulla vittima. Inoltre, perché nemmeno gli autori degli atteggiamenti da bulli sono in grado di comprendere appieno quanto gravi possano essere gli effetti di un attacco perpetrato sul web, come dimostrato da recenti analisi. Molte volte, anche i genitori sono all’oscuro degli atteggiamenti di bullismo da parte dei propri figli, così come quelli lo sono quelli delle vittime. Nel secondo caso, per una reticenza piuttosto marcata a parlare di queste situazioni in famiglia.
Secondo quanto affermato da un vademecum della Polizia di Stato, anche le vittime di bullismo stanno tuttavia imparando a parlare delle loro situazioni di disagio in famiglia. Il primo passo per evitare la chiusura in sé stessi e, quindi, l’isolamento totale, estremamente deleterio. Ai genitori, tuttavia, è raccomandato di mantenere un atteggiamento vigile. Soprattutto per riconoscere eventuali variazioni repentine nell’umore dei figli o comportamenti “anomali”, che possano rappresentare una spia su possibili disagi vissuti a scuola o in altri ambienti frequentati dai ragazzi. La Polizia ricorda che le vittime di soprusi, nella maggior parte dei casi, hanno difficoltà a relazionarsi con gli adulti e, per questo, possono tendere a una chiusura in sé stessi. La ragione, spesso, è legata al timore di poter subire ulteriori ripercussioni se dovessero parlarne.
Fondamentale, spiega la Polizia, è rassicurare la vittima sul fatto che non ci sia nulla di sbagliato in lui o in lei. Niente, quindi, è in grado di giustificare tali soprusi. Spesso vengono fatti oggetto di tali atteggiamenti ragazzi con problemi di sovrappeso, dislessia o semplicemente più introversi. In questi casi, le vittime possono attribuire al loro fisico o al loro carattere la responsabilità di quanto avviene. Il punto, però, è che l’atteggiamento del bullo è sbagliato a prescindere dalla situazione. E niente è in grado di giustificarlo. Su questo aspetto andrà convogliata la maggior parte degli sforzi delle famiglie. I genitori, in pratica, dovranno imparare a comprendere il figlio più di quanto lui sia in grado di fare con sé stesso. Atteggiamento importante anche per insegnare alla vittima a non diventare bullo a sua volta in futuro.
Importante saper cogliere i segnali che indicano la presenza di problematiche. Reticenza nel voler andare a scuola, richieste di denaro, tensione e tristezza dopo la scuola, addirittura presenza di segni sul corpo (lividi, graffi, indumenti rovinati). Ma anche difficoltoso riposo notturno o mancata volontà di raccontare ciò che avviene a scuola. Aspetti da non banalizzare, ancor meno se dovessero avvenire online. L’ascolto è la soluzione migliore ma sono necessari anche altri provvedimenti. Nel caso di insulti sul web, salvare quanto è stato scritto sarà utile per sporgere denuncia. La traccia informatica è piuttosto labile, quindi la tempestività è essenziale. Se si fosse i genitori del bullo, varrebbe lo stesso: affrontare i propri figli cercando di spiegare in cosa sia sbagliato il loro atteggiamento sarebbe il primo passo.