La grande attrice è scomparsa a 95 anni. Gina Lollobrigida lascia un patrimonio culturale che ha attraversato due continenti.
Dalla sua Subiaco, incastonata nell’Appennino laziale, alle colline roventi della Hollywood degli anni Cinquanta. Conquistata con un fascino che rivoluzionò il cinema post-bellico.
Gina Lollobrigida è morta a 95 anni, compiuti lo scorso 4 luglio. E con lei se ne va una di quelle personalità che davvero hanno incarnato, appieno, lo spirito delle grandi dive. Fata, regina di Saba, persino bersagliera. Non solo sex symbol. Anzi, assieme a Sophia Loren contribuì a rivoluzionare anche quell’epiteto, creando la figura della star, dotata di fascino, carisma e anche di talento. Una storia, quella della sua famiglia, forse non troppo diversa da quella di tante altre sopravvissute alla Seconda guerra mondiale. Stretta fra la necessità di riallacciare i fili della vecchia vita e coltivare i propri talenti. Gina Lollobrigida intraprende gli studi all’Istituto di Belle arti e prestando il proprio volto nei fotoromanzi. Il punto di partenza per una carriera che, di lì a pochi anni, attraverserà l’Atlantico.
In prima battuta attraversa qualche chilometro lungo la Penisola: seconda al concorso di Miss Roma, la mancata vittoria si tramuta nel primo sprint del successo. Invitata alle finali di Miss Italia, conclude al terzo posto. Abbastanza per la chiamata di Eduardo Scarpetta, a teatro, per la Corinna di “Santarellina”. Un talento scoperto poco a poco. Da una carriera iniziata quasi per necessità al volo solitario verso Hollywood, su invito di Howard Hughes. Appena un passaggio. Sarà a Cinecittà che troverà il primo, vero successo: nemmeno negli anni Cinquanta è sullo schermo, diretta da Luigi Zampa, con “Campane a martello”. Poi è chiamata da Carlo Lizzani, Christian-Jaque, che la porta in Francia e la lancia nell’élite del cinema d’Oltralpe. Poi l’incontro con Vittorio De Sica, accanto al quale entra nei panni della Bersagliera e recita in “Pane, amore e fantasia”.
Non ci sarà un Oscar in bacheca ma un Golden Globe sì, nel 1961, per “Torna a settembre”. E ben tre David di Donatello, per ribadire il legame viscerale con il proprio Paese. Gina Lollobrigida ha letteralmente attraversato decenni di cinema, affiancando alcuni degli attori più importanti del secolo. È accanto ad Humphrey Bogart, Vittorio Gassman, Anthony Quinn, Tony Curtis e Yul Brinner. È lei a “rivaleggiare” con l’altra diva coeva, Sophia Loren, che l’Oscar se lo porta a casa. La Loren che la rimpiazza, sostituendo “Pizzicarella la Bersagliera” con Sofia “la Smargiassa” in “Pane, amore e…”, terzo sequel della fortunata tetralogia, che Lollobrigida rifiutò. Una donna universale, capace di reinventare la sua carriera quando il cinema arrivò a non coinvolgerla più emotivamente.
Fu Fata turchina nello storico “Le avventure di Pinocchio”, sempre di Comencini, che la avviò alla carriera televisiva. Attraversando gli anni Settanta tra lavoro e macchina fotografica in mano. Quella di una fotoreporter che, nel 1973, si ritrovò di fronte il Líder Máximo, Fidel Castro, per una storica intervista. Il 2 febbraio 2018 Hollywood la richiama: c’è da scoprire il telo che rivela una stella tutta per lei sulla Walk of Fame, che la consacra definitivamente alla storia del cinema internazionale. Toccata con mano lungo una carriera che la porterà a indossare pezzi d’arte. Nota la sua collezione di gioielli Bulgari, messi all’asta nel 2013 per beneficenza. Un patrimonio culturale quello che lascia ma anche fatto di beni che, in totale, ammonterebbero a oltre 200 milioni di dollari. Un altro pezzo di eredità ma non quello più bello.