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Domande frequenti

Queste barzellette non fanno ridere, anzi: cosa rischia chi le racconta

Raccontare barzellette è considerata quasi un’arte. Ma, in alcune circostanze, potrebbero risultare offensive. O addirittura moleste. Ecco cosa accade in questi casi.

Non sempre le barzellette fanno ridere. E non solo per l’eventuale scarsa abilità di chi le racconta. Il problema, molto spesso, sono gli argomenti di cui trattano.

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E se fino a qualche tempo fa l’ironia era perlopiù tollerata, anche quando risultava inopportuna, la sensibilità sul tema è di recente decisamente aumentata. In sostanza, meglio non cercare più di giostrare più su determinati (e superati) stereotipi per creare una barzelletta. Il rischio, infatti, è di scadere non solo nell’ignoranza ma anche di andare contro la Legge. Forse non si direbbe ma la legislatura esiste anche in materia, mantenendo chiaramente salvaguardati i limiti della libertà di pensiero. Tema che è stato ampiamente dibattuto nei giorni di discussione sul Ddl Zan, in materia di omofobia. E che, in qualche modo, torna d’attualità nel momento in cui alcune barzellette prendono di mira persone omosessuali o appartenenti ad altre identificazioni di genere.

Anche se, naturalmente, tale limite vale per qualsiasi situazione comporti intenzionalmente un’offesa deliberata nei confronti di qualcuno, con toni di insulto o, addirittura, diffamatori. Va detto che, a norma di legge, le barzellette non costituiscono di per sé reato. Esse figurano infatti in quella che viene definita libertà di pensiero e, pur se contenenti affermazioni in grado di urtare la sensibilità di qualcuno, non per questo possono essere catalogabili come un reato. Il libero pensiero è infatti sancito costituzionalmente e, inoltre, i termini “omosessuale” o persino “gay” non vengono, per loro natura, considerati offensivi ma neutri, al pari di “eterosessuale”. In sostanza, sul piano giuridico, le barzellette fanno a tutti gli effetti parte della manifestazione del proprio pensiero.

Da barzellette a ingiurie: cosa prevede la Legge contro chi denigra

Il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è appare sottile ma, in realtà, la distinzione è abbastanza marcata. Una battuta di spirito, così come la satira, sul piano giuridico non è ritenuta una violazione per sua natura. Questo vale ancor di più per le barzellette, le quali mirano di per sé a generare ilarità. In teoria senza secondi fini. Ecco, questo passaggio è fondamentale. Perché è proprio questo il momento di passaggio da libero pensiero a offesa, ingiuria o addirittura diffamazione. Le barzellette con contenuti espressi con il chiaro intento di arrecare offesa, sono ritenute perseguibili ai sensi di Legge, qualunque sia il bersaglio. Nel caso specifico delle persone omosessuali (ma anche bisessuali, ecc.), il rischio è quello di scadere nell’omofobia. In questo senso, la Cassazione specifica come sia necessario verificare l’intenzione dietro determinate espressioni. In caso di intento palesemente offensivo, l’illecito potrebbe essere preso in considerazione.

Considerando che l’ingiuria è ormai da tempo penalizzata, in caso la barzelletta in questione fosse rivolta a una persona presente (anche se in modo velato) a scopi offensivi, si potrà ricorrere civilmente. In caso la persona fosse assente, il reato in questione sarebbe la diffamazione. In alcuni casi particolari, le barzellette possono comportare il reato di molestie ma solo se fossero utilizzate in maniera ossessiva con lo scopo di arrecare intenzionalmente scherno continuo e disturbo, come nel potenziale caso in cui, sul telefono di una persona omosessuale, fossero inviate di continuo ilarità a scopo di derisione. Chiaramente, lo scopo di offesa (o comunque gli estremi che possono indurre a ritenerla tale) sarà essenziale per determinare la presenza del reato. Ancor peggio in presenza di termini chiaramente dispregiativi. In caso contrario, si resterà nella libertà di espressione.

Published by
Damiano Mattana