Al termine dell’Udienza generale, l’annuncio di Papa Francesco che ha sconvolto tutti.
“Una preghiera speciale per il Papa emerito Benedetto che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa”. Papa Francesco non ha mai mancato di chiedere ai fedeli un pensiero e una preghiera per il suo predecessore, Joseph Ratzinger.
Al termine dell’Udienza Generale, però, il messaggio del Pontefice per Benedetto XVI ha assunto toni decisamente diversi visto che Francesco ha chiesto il conforto e il supporto della preghiera in merito alle condizioni di salute del Papa emerito. Importante è ricordarlo, “è molto ammalato – ha ricordato il Santo Padre -, chiedendo al Signore che lo consoli e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine”. Parole che hanno immediatamente suscitato interesse e discussione. Tanto che la Sala Stampa della Santa Sede ha ritenuto opportuno diramare un comunicato per chiarire le condizioni del Papa emerito, le quali hanno subito “un aggravamento dovuto all’avanzare dell’età”.
Il direttore Matteo Bruni ha comunque precisato che “la situazione al momento resta sotto controllo, seguita costantemente dai medici”. Al termine dell’Udienza, Francesco si è recato al monastero Mater Ecclesiae per far visita al suo predecessore. Parole di chiarimento che, tuttavia, hanno confermato direttamente l’aggravamento delle condizioni di salute del Papa emerito. Il quale ha compiuto 95 anni lo scorso 16 aprile e ricopre la carica onorifica di “emerito” dall’11 febbraio 2013, giorno in cui annunciò la propria rinuncia al Ministero petrino. Una decisione che già allora lo consegnò alla storia, in quanto evento che non si verificava da 598 anni. Prima di lui, infatti, solo altri sette Pontefici avevano annunciato la propria rinuncia, l’ultima delle quali da parte di Gregorio XII, nel 1415.
Eletto il 19 aprile 2005, Benedetto XVI ha raccolto l’eredità di papa Giovanni Paolo II, deceduto dopo oltre 26 anni di Pontificato, durante il quale la Chiesa post-conciliare si riavvicinò in modo marcato ai fedeli. Wojtyla, in particolare, la rese prossima ai più giovani attraverso l’istituzioni delle Giornate Mondiali della Gioventù e di altre iniziative a tema. Sostenendo al contempo l’operato delle parrocchie. Benedetto XVI raccolse il testimone del Ministero quasi come naturale successore di Giovanni Paolo II, dopo averne officiato la messa esequiale come decano del Sacro Collegio.
Quell'”umile servo della vigna del Signore”, come si definì parlando per la prima volta ai fedeli da Pontefice, era salito al Soglio di Pietro con la fama di filosofo e studioso brillante. Probabilmente uno dei più importanti teologi del Novecento. Opera teologica che lo stesso Ratzinger considererà conclusa con la sua Trilogia su Gesù di Nazareth. Il primo dei quali, intitolato “Gesù di Nazareth”, fu anche il suo primo testo pubblicato dopo l’elezione a Pontefice.
E proprio sulla teologia imposterà buona parte della sua dottrina, consegnando ai fedeli una lettura attenta ai temi del Concilio Vaticano II. E un recupero discreto di alcuni aspetti della tradizione come l’uso della lingua latina, raccomandandone l’uso durante le grandi celebrazioni. Temi affrontati fin dai primi anni di Pontificato, in particolare con l’esortazione Sacramentum caritatis, pubblicata nel 2007, e il motu proprio Summorum Pontificum, con il quale consentì ai sacerdoti di celebrare messa “senza il popolo”.
Densa di significato la sua visita al campo di Auschwitz nel 2006, durante la quale pronunciò parole di grande effetto: “In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?”. Un silenzio che, disse Benedetto, “diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione. Un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa”.