Regole di trasparenza, di servizio e altro ancora. Il ristorante offre un servizio ma sottostà anche a un contratto con il cliente, da rispettare in toto.
“Soddisfatti o rimborsati” è un motto piuttosto popolare. Non sono poche, infatti, le attività che pongono la soddisfazione del cliente in merito a un prodotto come effettivo presupposto per il pagamento di un servizio.
Chiaramente, tutto dipende dalle situazioni. Difficilmente un’azienda concederà un rimborso a fronte del riscontro del funzionamento effettivo del servizio offerto. Detto questo, raramente le pratiche di risarcimento o addirittura di mancato pagamento sono semplici. Specie in contesti come i ristoranti, che offrono un servizio immediato e, per questo, sottoposto a pagamento altrettanto rapido. Una regola che vale nel 99,9% delle situazioni, visto che non pagare il conto equivale a commettere una pratica illecita. Resta però una percentuale, per quanto infinitesimale, di casi in cui il cliente insoddisfatto potrebbe essere esentato dal saldo finale. A fronte, naturalmente, di condizioni particolari e ben accertate.
Probabilmente non è una procedura nota ai più ma il semplice atto di sedersi al tavolo di un ristorante comporta l’entrata in vigore di un contratto cosiddetto “atipico” fra cliente e ristoratore. Quest’ultimo, infatti, si impegna alla somministrazione di beni e servizi a fronte di un corrispettivo. Un accordo concluso nel momento in cui l’avventore sceglie dal menù (che figura da “trattativa”) cosa consumare al tavolo. In questo modo, qualora una delle due parti venisse meno all’impegno, l’altra potrebbe essere esentata dal rispettare il suo. Il quale, per il l’esattezza, si costituirebbe nel non pagare il conto. Per quel che riguarda il ristoratore, gli adempimenti sono diversi.
Conto al ristorante: i casi in cui potrebbe non essere pagato
Gli obblighi del gestore del ristorante sono abbastanza noti. Fra questi, non può assolutamente mancare l’adempimento delle regole di trasparenza. Il che riguarda essenzialmente il listino prezzi, ovvero la cifra corrispondente alla pietanza che si sceglie di consumare. Qualora al cliente non fosse data la possibilità di conoscere il costo di ogni piatto, egli potrebbe scegliere sia di cambiare locale che, qualora avesse ormai consumato, di non pagare il conto. Perché accada questo, tuttavia, dovranno verificarsi delle condizioni essenziali. Innanzitutto il cliente dovrà essere in buona fede, comprovata dalla richiesta di un menù contenente i prezzi. Inoltre, il listino non dovrà essere esposto nemmeno all’esterno del locale. Questo, di fatto, porterebbe a un inadempimento totale dell’obbligo in questione.
In questi casi, non varrà nemmeno l’indicazione dei piatti a voce da parte dei camerieri. L’obbligo di rendere trasparenti i prezzi (con un discorso a parte per il coperto) dovrà essere rispettato in toto dal ristoratore. Si tratta infatti di una disposizione a norma di legge, precisamente risalente al Regio Decreto n. 635/1940, all’articolo 180. Una norma rimasta in vigore fino a oggi. Il ristoratore che non dovesse rispettare tale obbligo, sarebbe esposto a una multa pari a 308 euro. Senza contare che il cliente potrebbe andarsene via dopo aver mangiato ma senza dovergli nulla. Stesso discorso qualora i piatti serviti non corrispondano a quelli del menù o, nondimeno, se non dovessero corrispondere i prezzi.
Per quanto riguarda il servizio offerto, la scarsa qualità è un elemento variabile. Ci si potrebbe riferire a un comportamento sgradito del personale o alla mancata diligenza, fino al rispetto dell’etica. Non ci si riferisce, quindi, al gradimento o meno del piatto consumato. In mancanza dei suddetti presupposti, il ristorante violerà i principi etici che regolano il contratto. Il conto sarà quindi contestabile.