Anche la Terra vive, “respira” ed è governata da equilibri sempre più fragili. L’azione antropica può davvero mettere fine alla vita?
Qual è il destino della Terra? Gli scienziati non hanno dubbi: così come è iniziata, anche la vita del nostro Pianeta (attenzione, “del” non “sul”) prima o poi finirà.
Non è un mistero che l’esistenza della vita terrestre sia legata al “funzionamento” del Sole. Una stella che ha anch’essa un proprio ciclo vitale, al quale è subordinata la Terra come la conosciamo oggi. Tant’è che, quando l’astro inizierà il suo processo di raffreddamento fino allo stato di nana bianca, niente sarà più come prima. Qualcosa che non deve farci temere. In primis per i lunghi tempi che richiedono tali processi vitali (il Sole, al momento, è circa a metà del suo ciclo), che inizieranno solo fra qualche ulteriore miliardo di anni (non meno di 4 o 5). In sostanza, se l’umanità dovesse ancora esserci per allora, avrà avuto tutto il tempo di sviluppare la propria tecnologia, individuare un esopianeta abitabile (magari senza saccheggiare risorse o sterminare civiltà native) e trasferire lì ciò che sarà rimasto.
Fantascienza a parte, quel che viene da chiedersi è quale sarà, nel frattempo, il destino del nostro Pianeta. È noto a tutti che le placche continentali sono in realtà in continuo movimento, seppur impercettibile. E che la stessa crosta terrestre, di tanto in tanto, innesca processi di rottura, provocando faglie e terremoti. Segno di una Terra viva, che si muove e vive anch’essa il proprio ciclo. Il quale, in passato, è stato caratterizzato da intensi sconvolgimenti climatici. Dai primordi, che portarono a un assestamento dell’atmosfera terrestre, fino alle glaciazioni e al successivo disgelo. Questo tanto per ricordare che il cambiamento delle condizioni climatiche è un processo tutt’altro che attuale e che, in passato, non ha in alcun modo risentito dell’azione antropica.
Il futuro della Terra: davvero può spegnersi? Cosa dicono gli esperti
In questa fase dell’Olocene, ossia l’epoca geologica nella quale ci troviamo, è stato coniato un termine piuttosto interessante, anche se scientificamente non canonica, come Antropocene. Concetto proposto già alla fine dell’Ottocento, quando apparve chiaro che l’attività umana potesse in qualche modo incidere sul naturale percorso dei processi geologici e, in particolare, sul clima terrestre. Tanto per ricordare che l’allarme è stato lanciato ormai tempo fa, prima che ritornasse in voga tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del secolo scorso con la disputa scientifica sul buco nell’Ozono. E prima di ottenere un’attenzione globale anche sulle masse ai nostri giorni.
La comunità scientifica è più o meno concorde nell’indicare le attività umane sulla Terra come in buona parte responsabili se non della reale modifica del clima, quantomeno degli effetti particolarmente catastrofici degli eventi atmosferici e tettonici. Basti pensare all’urbanizzazione eccessiva, che impedisce ai corsi d’acqua di drenare finendo per debordare a seguito delle piogge sempre più intense.
L’impatto antropico sulla Terra
Eventi concatenanti che, chiaramente, possono essere ricondotti a una responsabilità antropica di incidenza sul paesaggio. Tanto che gli esperti, ormai, hanno iniziato a indicare una sorta di “punto di non ritorno”, un limite da non oltrepassare per non compromettere realmente la vita sul nostro Pianeta. Le emissioni dovute all’utilizzo dei combustibili fossili sono state indicate fra le principali responsabili del cosiddetto riscaldamento globale. Un aumento delle temperature in tutto il Pianeta che, se non arrestato, potrebbe portare a una significativa diminuzione dei ghiacci polari, con conseguenze (stavolta sì) realmente pericolose. In primis per l’innalzamento del livello dei mari. A dire la sua è anche l’inquinamento, non solo atmosferico.
Gli studi
Fattori che caratterizzano un processo di declino che, naturalmente, non si tradurrà in eventi da disaster movie. Molto più probabilmente, si assisterà a uno stravolgimento progressivo degli equilibri climatici, con danni agli ecosistemi e, di conseguenza, alla vita come la conosciamo ora. Aspetti come l’aumento demografico (complessivo), ad esempio, vanno a scontrarsi con altri come l’innalzamento delle temperature e la scarsità delle risorse. Un recente studio pubblicato da Nature, ha indicato possibili scenari mutevoli da qui al 2050, anno in cui si potrebbe assistere a una “tropicizzazione” delle aree temperate e un aumento considerevole delle temperature in quelle equatoriali. Condizioni che renderebbero estremamente difficile, se non impossibile, proseguire la vita in quelle zone. Una ricerca del National Weather Service ha prospettato scenari anche peggiori, con climi predominanti caratterizzati da temperature alte o altissime.
Per la serie, la Terra non esploderà ma potrebbe diventare inospitale. E quei processi che, nel passato, hanno richiesto migliaia di anni, potrebbero subire un’accelerata vertiginosa. E a renderci la vita difficile saremmo stati noi stessi.