Disturbi del sonno, depressione e attacchi d’ansia. Il Long Covid, specie dopo Omicron, ha effetti devastanti. E i casi aumentano.
La pandemia non è ancora stata debellata del tutto. E anche se la vita sembra aver ripreso la normalità interrotta a inizio 2020, le scorie del Covid e delle sue varianti pesano ancora sulle nostre vite.
C’è un problema serio legato alla ripresa, soprattutto da un punto di vista economico. Ma c’è anche un mondo dietro l’apparente quiete sanitaria. Un quadro a tinte decisamente fosche, fatto di stati depressivi e strascichi connessi sia all’infezione eventualmente contratta (e poi guarita) che all’incertezza verso il futuro. In sostanza, non è un bel momento.
Senza contare gli echi della guerra in Ucraina, fin troppo vicini per essere ignorati. Un compendio di questioni in grado di creare un mix letteralmente esplosivo. Il problema è che tali “esplosioni”, fin troppo spesso, avvengono senza che nessuno le senta. Nella fatica di riuscire a condividerle e nella difficoltà di farvi fronte. E persino di essere capiti.
Il termine tecnico dato alle scorie del coronavirus è Long Covid. Ossia, una sorta di stato di salute compromesso che, nonostante la guarigione, continua a risentire del contagio. Per gli esperti, qualcosa di altrettanto pericoloso e non solo dal punto di vista prettamente sanitario. In Italia il virus continua a circolare, fra varianti e sottovarianti, in un quadro epidemiologico tutto sommato gestibile.
Calano i ricoveri ma il tasso di positività resta al 14,6%. Ci sono meno mascherine (anche se non troppo) e, sicuramente, una sorta di effetto boomerang legato ai due anni trascorsi a volto perlopiù coperto. Ma, secondo gli esperti, ci sarebbe anche qualcos’altro a cui prestare attenzione. Qualcosa di silente, invisibile prima di un certo numero di mesi.
Covid, Omicron lascia scorie pericolose: il parere degli esperti
Secondo un recente studio condotto negli Stati Uniti dalla Washington University di Saint Louis, il Long Covid non sarebbe da sottovalutare. Specie se il virus fosse stato contratto nella sua variante Omicron. L’analisi è stata effettuata sui dati della Veteran Affairs Corporate Data Warehouse, secondo la quale almeno il 60% dei pazienti può sviluppare disturbi successivi al contagio, evidenziabili addirittura dopo un anno.
Si tratterebbe perlopiù di disturbi di tipo mentale, come ansia crescente, depressione, difficoltà nel riposo notturno. Problemi decisamente seri, vista anche la frequenza con la quale si manifesterebbero. I ricercatori hanno svolto la loro indagine su quasi 154 mila cartelle cliniche di pazienti risultati positivi fra marzo 2020 e gennaio 2021.
Altri due gruppi di controllo hanno riguardato soggetti sani. I risultati hanno mostrato una risposta sorprendente, specie per coloro sopravvissuti alla fase acuta del Covid, soprattutto di Omicron. Sono loro ad avere le maggiori probabilità di sviluppare disturbi mentali, anche qualora non ne avessero mai avuti prima del contagio. Il 60% in questione sarebbe da tradurre in 64 casi in oltre 1.000 persone facenti parte del gruppo di controllo. Inoltre, fra chi è stato contagiato, vi sono 24 casi con disturbi del sonno e altri 10 con depressione. Inoltre, dato ancora più allarmante, anche chi ha contratto l’infezione solo con sintomi lievi rischia di sviluppare disturbi simili. Certo è che, dopo una pandemia che ha cambiato radicalmente la nostra società, una convergenza di intenti e obiettivi sarebbe stato il minimo. Avere a che fare con una guerra sulla soglia di casa non era previsto. E nemmeno lecito.