La spesa del coperto figura come obbligatoria, esclusivamente se esplicitata. E solo se il locale dovesse effettivamente decidere di applicarla.
Tot euro di coperto. Spesso capita di notarlo sugli scontrini del conto al termine di un pranzo o di una cena. Una spesa extra a tutti gli effetti, praticamente sostenuta per il semplice fatto di essersi seduti al tavolo e aver usato piatto, coltello e forchetta.
Un punto è necessario chiarirlo subito: il coperto (così si chiama) non può essere equiparato a una mancia. La quale, infatti, è una spesa volontaria, volta a premiare il servizio ricevuto. Il coperto, invece, viene disposto dal locale stesso e figura, a tutti gli effetti, come un costo di servizio. Il quale, peraltro, può essere esplicitato direttamente in menù (scelta chiaramente consigliabile sul piano della legalità) o essere semplicemente riportato nello scontrino a fine pasto. La forma corretta è solo la prima. E, naturalmente, la sostanza si tradurrà nel pagamento: il coperto è una spesa obbligatoria e perfettamente legale, sempre che il ristoratore decida di applicarla. Si tratta infatti di una scelta discrezionale, non imposta dal sistema della ristorazione.
Attenzione a leggere attentamente il menù quindi. Il coperto, infatti, sarà legale esclusivamente nel caso in cui il ristoratore lo indichi nel menù, accompagnato dalla cifra dovuta. Nonostante se ne sia parlato a più riprese, di misure contro l’applicazione di tale spesa non si è mai visto nessun provvedimento volto a depennarla dal conto finale. Le normative vigenti, tuttavia, obbligano il ristoratore a specificare chiaramente la presenza o meno del costo aggiuntivo all’interno del complesso definitivo del conto finale. Di sicuro, non esistono regole che ne vietino la presenza.
Sul fattore legalità, valgono le condizioni di cui abbiamo parlato. La legge non vieta in alcun modo di porre la spesa del coperto ma pone il presupposto della sua presenza esplicita in menù o comunque la sua comunicazione da parte del gestore del locale. A ogni modo, su questo punto il settore si gestisce in completa autonomia, nel senso che un ristorante può decidere da per sé se chiedere ai propri clienti di sostenere la spesa. Questo non toglie che esista una giurisprudenza anche in questo senso, con alcune sentenze specifiche che hanno creato alcuni precedenti normativi sulla questione. Questo, naturalmente, in relazione a uno scontrino che presenta cifre più alte rispetto a quelle calcolate, rendendo il coperto una sorta di spesa “a sorpresa”. In passato, si equiparava il costo a quello del pane. O meglio, negli anni Novanta fu la città di Roma a vietare la voce del coperto, ponendo invece come obbligatoria quella per il pane.
Risale al 2006, invece, la normativa (all’epoca regionale) che imponeva la presenza del costo del coperto nel menù. Regola che, ora, ha validità nazionale. Sta di fatto che tale costo, pur perfettamente legale, debba attenersi a delle regole, per quanto semplici. Di sicuro, non va confuso con la mancia, che resta a tutti gli effetti una spesa volontaria e non figura nello scontrino, risultando quindi un guadagno extra per il ristorante o per un operatore del servizio. Va comunque considerato che si tratta di costi contenuti, difficilmente superiori ai 1 o 2, massimo 3 euro. In generale, il coperto mira a compensare quelle spese che non confluiscono nel servizio in sé, quindi il lavaggio di tovaglioli e posate, pane, pulizia e altri servizi aggiuntivi. In pratica, non si paga solo per mangiare ma anche per utilizzare il locale.