L’imposta di bollo scatta quando il conto corrente supera i 5 mila euro. L’unica scappatoia è l’investimento. E ai conti oltre i 100 mila va anche peggio.
La questione conto corrente è sempre aperta. Tutti lo usano, tutti lo cercano ma non tutti ne conoscono i dettagli. Nemmeno dopo averlo aperto. Eppure, specie in questo momento, è bene tener ben presenti alcuni dettagli.
L’obiettivo di guadagnare sempre di più è comune e, in un certo senso, un leitmotiv della Storia, almeno da quando si è cominciato a usare il denaro come valore di misura della ricchezza di un individuo (e di una società). Ma visto che i tempi cambiano e i sistemi di gestione dei conti pubblici anche, al pari delle regole fiscali, è bene sapere che alcuni dettagli non vanno dimenticati, nemmeno in merito all’accumulo di denaro. Non è detto, infatti, che un conto corrente elevato sia una mossa furba. Nel senso che il semplice accumulo finirebbe per generare più problemi di quanti non siano i benefici, almeno sul piano dei costi di gestione. Il problema è tutto lì, sia per il correntista che per la banca.
Anche per questo gli istituti di credito invitano spesso i correntisti a una gestione più oculata delle loro finanze. Magari convogliando parte del loro denaro su strumenti di investimento in grado di generare un rendimento e non un costo. Una volta superato un determinato limite, il denaro andrà a generare un costo, sotto forma di imposta per il titolare del conto. Anche la banca, tuttavia, risponderebbe di conti correnti troppo elevati. Tanto che la stessa si ritroverebbe costretta ad applicare un costo per rientrare di quelli generati dall’effetto stagnazione del denaro immobile.
Conto corrente, la scappatoia dell’investimento: così si evitano i costi aggiuntivi
In tempi di crisi economica, è naturale che la tendenza al risparmio sia aumentata. Questo, specie nei due anni centrali della pandemia, ha generato una stasi di denaro decisamente elevata sul conto corrente dei risparmiatori. Non una buona tendenza, visto che i costi aggiuntivi scattano già a partire dai 5 mila euro. O meglio, una volta che il conto inizia a superare tale cifra. In questo caso, la giacenza media viene sottoposta alla cosiddetta imposta di bollo, peraltro sulla durata media della giacenza del denaro nel periodo di imposizione. Questo significa che, anche se il denaro dovesse essere ridotto dopo una stasi di 11 mesi, l’imposta scatterebbe lo stesso. Si tratta di una tassa fissa a 34,20 euro per le persone fisiche, 100 euro per le società o per i soggetti diversamente registrati.
Inoltre, se un determinato soggetto dovesse avere più conti intestati, l’imposta di bollo andrà pagata per ognuna di essi. L’unico modo per evitare la mini-patrimoniale sarebbe il mantenimento del conto corrente al di sotto dei 5 mila euro oppure convogliare il denaro su strumenti di investimento, anche poco “impegnativi”. Addirittura peggio, paradossalmente, va per i conti estremamente grandi. Un deposito superiore a 100 mila euro, infatti, non sarebbe tutelato in caso di problemi finanziari o fallimenti, visto che la copertura assicurativa, quella del Fondo Interbancario di Tutela (FITD) non supererebbe tale soglia. Inoltre, tale condizione sarebbe sfavorevole anche per la banca. Tanto che alcune di esse hanno già annunciato di voler chiudere i conti sopra i 100 mila euro. Più costosi che remunerativi.