La richiesta di anticipo del Tfr rientra fra le facoltà del lavoratore ma solo a determinate condizioni. Fra queste il motivo dell’istanza.
La richiesta di ottenere un anticipo del proprio Tfr, parzialmente o in toto, rientra nel diritto del lavoratore. A patto che vi sia una motivazione di base che ne permetta l’ottenimento.
Si tratta a tutti gli effetti, quindi, della concessione in anticipo dell’elemento retributivo di fine rapporto di lavoro, ottenuto prima che lo stesso sia cessato. Una facoltà che non ha mancato, negli anni, di fornire un buon aiuto ai lavoratori in particolari momenti di difficoltà economica. Del resto, il Trattamento di fine rapporto (Tfr) aumenta ogni mese finché il contratto è valido e questo, a seconda del periodo della richiesta, consente di ottenere somme più o meno elevate, salvo poi, chiaramente, non ritrovarle al momento del saldo alla scadenza contrattuale. La normativa generale, infatti, prevede l’erogazione del Tfr al termine del rapporto di lavoro, a meno che, appunto, non sia il lavoratore stesso a richiederne l’anticipo.
Si tratta di richieste, però, che dovranno essere motivate e, soprattutto, rispettare i requisiti imposti a norma di Legge. In particolare, è l’articolo 2120 del Codice Civile a regolare l’erogazione anticipata del Trattamento di fine rapporto e, di rimando, le motivazioni accettabili al fine del rilascio. Così come il tetto massimo anticipabile, oltre che i requisiti dei soggetti che lo richiedono. In primi, l’anzianità di servizio del lavoratore nell’azienda di appartenenza. In generale, la richiesta può essere accettata per l’acquisto di prima casa per sé o per i figli, spese mediche per terapie o interventi, spese durante astensione facoltativa per maternità. Tuttavia, negli anni il ventaglio si è piuttosto allargato.
Va ricordato che la richiesta di anticipo del Tfr può essere effettuata solo una volta durante il rapporto lavorativo. Occorrono inoltre altri requisiti indispensabili, come un minimo di 8 anni di servizio presso l’azienda e il mantenimento della richiesta entro il limite del 70% del totale spettante. In presenza di patti individuali o di specifici contratti collettivi, le condizioni possono variare, anche in modo favorevole al lavoratore richiedente. Come detto, nel corso del tempo la Legge ha allargato le maglie, consentendo la richiesta di anticipo anche per il riscatto di un’abitazione già occupata ad altro titolo, così come per acquisto di suolo al fine di costruzione o di mutuo ipotecario. Non saranno invece considerate valide richieste per ristrutturazione, debiti contratti o assenza della piena proprietà del bene.
Apparentemente, quindi, le motivazioni sono fondamentali. Siano valide o meno, tendenzialmente sono sempre presenti. La Legge, però, non specifica chiaramente la subordinazione della richiesta a una motivazione specifica. Il punto è che, al netto di questo, richiedere l’anticipo del Tfr senza ragione rivede sostanzialmente l’intera pratica. Non si parlerà più di erogazione anticipata ma di ordinaria retribuzione, con soggezione a contributi Inps e tassazione Irpef ordinaria, ossia per scaglioni d’imposta in base al reddito. In questi casi, al datore di lavoro spetterà l’onere del ricalcolo del Tfr e, in caso di importi netti in eccesso, sarà sua facoltà rivalersi sul dipendente. Inoltre, molto semplicemente, in assenza di un motivo plausibile, l’azienda può riservarsi il diritto di porre un rifiuto legittimo.