Il Canone tv sarà abolito ma la decisione non convince troppo. Persino i cittadini si mantengono qualche riserva.
La discussione sulla valenza della tassa sulla tv pubblica fa parte di quelle sempreverdi fra l’opinione pubblica. Non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa, dove gli equivalenti del Canone Rai sono persino più strutturati.
In Germania, ad esempio, si è scelto di stringere le maglie della tassa, inglobando anche i dispositivi mobili. Qualcosa che in Italia non è ancora avvenuto e, forse, nemmeno avverrà nonostante il pressing dei vertici Rai. Per la Francia vale lo stesso discorso della tassa tedesca. Anzi, valeva. Sì, perché il presidente Emmanuel Macron ha portato a compimento la promessa fatta in campagna elettorale, chissà, forse quella decisiva a fargli strappare per un soffio il secondo mandato presidenziale alle elezioni di aprile. In soldoni, la Francia abolirà il Canone tv. E lo farà per una ragione precisa: salvaguardare il potere d’acquisto dei cittadini e contrastare l’inflazione. Del resto, se in Italia la tassa è avversata per modi e costi (90 euro all’anno, dilazionati), figurarsi oltralpe, dove tocca addirittura i 138 euro.
La decisione, in realtà, fa parte di un pacchetto di norme volto a tutelare le tasche dei cittadini. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, però, il dibattito parlamentare in merito è stato piuttosto acceso e persino la votazione sulle riforme non ha riscosso grande successo visto l’alto astensionismo registrato. Senza contare che, al momento, non è chiaro come si ovvierà alle entrate fin qui garantire dalla tassa. La quale, nello specifico, consentiva alle emittenti statali France Télévisions e Radio France di poggiare su una base da 3 miliardi di euro circa. Per tornare alla spinta elettorale, il successo di Macron forse è da ricercare altrove. Persino i cittadini, infatti, hanno espresso qualche dubbio. Se non altro per il timore che quanto non versato per il Canone tv venga recuperato tramite l’aumento delle altre tasse.
Canone tv abolito, pro e contro della decisione francese: cosa ne pensano i lavoratori
Il problema dell’abolizione di una tassa è sempre lo stesso. La paura, legittima, che il depennamento vada ad alzare automaticamente qualcos’altro. Per ora l’amministrazione francese non ha dato lumi in proposito ma il timore di un nuovo prelievo indiretto resta fra i cittadini. Per chi lavora nel settore radiotelevisivo, invece, lo sguardo è volto all’abbattimento della colonna dei finanziamenti diretti. I quali, fin qui, hanno garantito lo svolgimento del servizio senza un’eccessiva dipendenza dalla pubblicità. La novità, invece, potrebbe significare la necessità di un rafforzamento degli introiti derivanti da spot e annunci vari (cosa che potrebbe non piacere ai telespettatori) o addirittura la ricerca di finanziamenti da privati. E non manca chi ha letto nella mossa dell’amministrazione la volontà di indebolire l’informazione pubblica.
Al di là delle congetture, resta il dato di fatto. La Francia svolta in una direzione precisa e sulla base di ragioni legate innanzitutto alla forma della tassa. Secondo il ministro della Cultura francese Rima Abdul Malak, ad esempio, il Canone tv era ormai “obsoleto e inadatto” alla contemporaneità (si parla di una normativa introdotta addirittura nel 1933). Qualcuno, all’interno del partito Socialista, ha addirittura avanzato l’ipotesi di una via di mezzo: rinnovamento della tassa in modo tale da metterle una veste su base reddituale anziché lasciarla in forma universale. Niente da fare, a meno che il governo non deciderà di fare dietrofront. Difficile, soprattutto dopo la conferma di Macron all’Eliseo. Ma di questi tempi non si può mai sapere.