Quali sarebbero gli impatti della riduzione di gas? Se la percentuale non dovesse essere quella annunciata (7%), lo scoglio si farebbe impegnativo.
Mercoledì 27 luglio è la nuova data centrale per quel che riguarda il futuro dell’approvvigionamento del gas. Gazprom ha infatti annunciato una nuova sforbiciata, che porterà i Paesi europei che beneficiano delle fonti russe a un’ulteriore riduzione del 20%.
L’Unione europea è già corsa ai ripari, trovando in tempi rapidi l’accordo sulla soluzione alla riduzione di gas agli Stati membri. E anche il piano d’emergenza parla la lingua dei tagli: -15% ma sui consumi. Un razionamento di fatto, che alcuni Paesi potrebbero trovare difficile da assorbire. Italia inclusa naturalmente, che pure ha rafforzato la collaborazione con altri fornitori, come l’Algeria. Senza contare che, fin dall’annuncio dei tagli alle forniture da parte della Russia, il prezzo del gas ha subito un’accelerata, portandosi quasi a 200 euro. Ma il costo, in questo momento, potrebbe addirittura essere un dettaglio secondario. Il problema vero è che, con il nuovo accordo europeo, per alcuni Stati l’inverno potrebbe farsi decisamente duro.
C’è da capire, infatti, quanto i suddetti siano in grado di assorbire un razionamento. Il piano d’emergenza ha ricevuto l’approvazione del Consiglio Affari Energia (con la sola opposizione dell’Ungheria). Ma, nonostante la quasi unanimità, restano le incognite. Una su tutte, legata alla cosiddetta interconnessione con altri Paesi: qualora questa fosse inferiore al 50%, la riduzione passerebbe dal 15% al 7%. L’altra condizione è che la capacità sugli interconnettori tocchi almeno per il 90% fino al mese precedente. Il tutto sarebbe subordinato alla richiesta di una deroga da parte dello Stato membro che lo riterrà necessario. Il quale, però, sarà autorizzato a farlo solo se l’obiettivo di riempimento degli stoccaggi fosse stato superato. O in caso di forte dipendenza dall’esportazione e aumento dei consumi.
Gas, il piano d’emergenza dell’Europa: qual è la situazione dell’Italia
La possibilità che si faccia ricorso a una deroga, in sostanza, è molto alta. L’Italia, da parte sua, ha fatto leva sul tetto al prezzo del gas come antidoto ai costi in aumento. Un’eventuale approvazione, però, non arriverebbe prima di settembre o addirittura ottobre. In pratica, price cap o no, con le riduzioni toccherà farci i conti. Anche se, secondo il ministro per la Transazione ecologica, Roberto Cingolani, l’Italia dovrebbe avere a che fare con una percentuale del 7%, in virtù dell’accesso alle deroghe concesse dal piano d’emergenza. Si tratta della previsione effettuata dal Governo Draghi ma che non toglie i dubbi sugli effetti della frenata. Peraltro, il governo uscente non avrà più nulla a che vedere nemmeno con i piani di emergenza da presentare all’Ue, visto che la scadenza è fissata al 31 ottobre.
Teoricamente, considerando anche l’esclusione degli stoccaggi dal conteggio per le riduzioni, l’impatto non dovrebbe essere eccessivo. Tenendo anche conto del breve periodo in cui verranno attuate, ossia unicamente inizio autunno e inverno (escludendo il mese di agosto). Gli esperti, però, sono concordi nel ritenere che anche il “solo” 7% in meno andrebbe a generare conseguenze importanti. Un nodo centrale riguarda proprio gli stoccaggi: l’Italia, con il suo quasi 80% di riserve invernali accumulate, non sembra troppo propensa a subire grossi razionamenti.
Inoltre, secondo l’Istituto Bruno Leoni, un eventuale taglio alle aziende che utilizzano metano per la produzione elettrica, potrebbe provocare un abbassamento sensibile della fornitura anche in questo senso. Qualcosa di simile era già stato ipotizzato in realtà. Se poi la riduzione dovesse effettivamente toccare il 15%, il quadro sociale potrebbe essere equiparabile a quello del lockdown. Almeno da questo punto di vista, fortunatamente, non sembrano esserci i presupposti. Di sicuro, visti i tempi, meglio prepararsi a tutto.