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Attualità

Taxi, i postumi della vittoria su Draghi: cosa succede ora

A due settimane dalle proteste dei taxi, il ddl Concorrenza viaggia verso l’epilogo. Ecco cosa è cambiato con l’addio all’articolo 10.

 

Un paio di settimane fa, la protesta dei tassisti aveva invaso le principali città italiane. A Roma i lavoratori si erano riuniti per un corteo a Via del Corso, a due passi da Piazza Montecitorio.

Foto © AdobeStock

Ora, col Governo ormai dimissionario e la situazione attenuata dai giorni trascorsi, l’esito appare più chiaro. Alla fine, lo stralcio delle norme volte alla riforma del trasporto pubblico ha quietato l’animo dei tassisti e il ddl Concorrenza non mette più paura come prima. Una vittoria in pratica, che mette (per ora) da parte la liberalizzazione del settore che, secondo i proprietari dei taxi e le loro rappresentanze, avrebbe favorito le multinazionali, Uber in primis. A ogni modo, anche nelle ore della chiusura de facto della sua esperienza a Palazzo Chigi, Draghi aveva lanciato una stoccata a chi si era schierato dalla parte dei tassisti. Non tanto per il merito della protesta quanto per lo svolgimento. “C’è bisogno di un sostegno convinto all’azione dell’esecutivo non di un sostegno a proteste non autorizzate, e talvolta violente, contro il governo”.

Una botta al cerchio e una alla botte, sicuramente entrambe volute. Fatto sta che, alla fine, il ddl Concorrenza ha passato la prima parte dell’iter con l’approdo in Senato prima (con approvazione) e a Montecitorio poi (il 25 luglio). Il livello di urgenza è abbastanza elevato, visto che il pacchetto di riforme fa parte di quello complessivo del Pnrr e, soprattutto, delle impellenze da sbrigare entro fine anno. Nello specifico, si parla di Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021. E, ancor più nella fattispecie, di una delle deroghe per le quali il governo finito e le Camere già sciolte possono ancora esercitare i loro poteri. L’obiettivo, infatti, è portare a termine almeno i dossier più urgenti.

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Qualora si arrivasse effettivamente a dama con il ddl Concorrenza, si metterebbe la parola fine a un dibattito politico estremamente intenso. Trasversalmente, uno di quelli che più avevano animato le discussioni interne alla maggioranza. Senza contare che qualche nodo da sciogliere (concessioni balneari su tutti) resta ancora. Tuttavia, l’accordo definitivo raggiunto dalle forze politiche ha dato lo sprint decisivo, tanto quanto la riga rossa tirata sull’articolo 10 della riforma, quello tanto avversato dai tassisti. In buona sostanza, lo scopo delle modifiche era quello di modernizzare il trasporto pubblico non di linea, al fine di tutelare maggiormente il consumatore. Uno dei primi passi sarebbe stato l’adeguamento dell’offerta alla mobilità svolta tramite l’uso di applicazioni.

Questo era stato il punto focale della protesta dei taxi, che temevano una concorrenza sleale da parte di società che svolgono interamente in questa modalità il loro servizio (Uber ma anche Lyft). Senza contare che, a sollevare i lavoratori del settore, era stata anche la possibile concorrenza relativa alla “razionalizzazione della normativa”. Sia alle tariffe che alla turnazione. Una vittoria che, a ogni modo, non ha convinto le associazioni a tutela dei consumatori. Assoutenti, ad esempio, ha parlato di passo indietro di fronte alle pressioni delle lobby, nello specifico quella “corporativa dei tassisti”. E, più in generale, di debolezza e scarsa attenzione ai consumatori. Anche in termini relativi a fattori paralleli, come l’Rc Auto.

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Damiano Mattana