Rottamazione quater e flat tax sotto l’insieme della pace fiscale. La campagna elettorale inizia dalle voci rimaste nell’agenda di governo.
La crisi di governo non è stata una sorpresa in sé. Come tempi, la fine del Governo Draghi è apparsa piuttosto simile all’epilogo del Conte II. Nei modi e nei termini qualche differenza c’è stata, anche se non abbastanza da cambiare la sostanza.
Il lavoro iniziato dall’ex numero uno della Banca centrale europea si interrompe a qualche mese dalla fine naturale della legislatura, lasciando chiaramente quella sensazione di incompiuto che accompagna ogni crisi di governo. Al netto delle opinioni personali sull’operato di Mario Draghi a Palazzo Chigi, il quadro resta estremamente incerto. Non solo perché le elezioni di settembre dovranno consegnare un nuovo esecutivo in grado di prendere le redini lasciate dalla multiforme (e stiracchiata) coalizione ma soprattutto per le parti dell’agenda lasciate in sospeso. Sul tavolo restano tanti argomenti. Troppi perché gli ultimi sussulti di governo, in carica per assolvere le pratiche più urgenti, riescano a depennarli tutti.
In sospeso restano i temi che hanno innescato la crisi, indicati dal Movimento 5 stelle come le risposte mancanti da parte dell’esecutivo. Ma restano anche i mantra della Lega, come la flat tax e la nuova pace fiscale. Senza contare il delicatissimo tema pensioni, col Centrodestra che resta compatto su Quota 41 ma senza che, di fatto, sia stata raggiunta un’intesa per l’ormai imminente 2023. Tutti argomenti che andranno a rimpolpare la ventura campagna elettorale. Non che i toni ascoltati fin qui non fossero da corsa alle elezioni, ma ora la marcia sarà ingranata sugli standard più alti, quelli della vera e propria campagna per l’appunto.
Non solo pace fiscale: i temi insoluti dell’agenda di Governo
A oliare i motori ci ha pensato il leader della Lega, Matteo Salvini. Dopo la diserzione sul voto di fiducia in aula, gesto che ha di fatto dato l’input definitivo all’addio di Mario Draghi, il segretario del Carroccio ha spiegato al Tg1 quale strada intende percorrere il suo partito. O meglio, quali saranno le pietre angolari sulle quali costruirà la campagna elettorale. L’obiettivo centrale è il condono fiscale, letto sotto il termine “pace”. Il problema riguarda le cartelle esattoriali che, come spiegato da Salvini, rischiano di rovinare milioni di italiani: “Fare un concordato definitivo, un accordo definitivo fra cittadini e fisco rottamando quelle cartelle sarebbe un atto di giustizia sociale”. Non è difficile, quindi, immaginare quale sarebbe la prima misura che un eventuale governo di Centrodestra andrebbe ad attuare. Fermo restando che, tra il dire e il fare, il mare c’è sempre di mezzo. E gli italiani lo sanno fin troppo bene.
A bocce ferme, però, i temi restano freddamente sul tavolo e nel novero delle proposte elettorali. Quindi ecco la seconda, ossia la flat tax. In questo senso, secondo Salvini, andrebbe applicata un’aliquota fissa del 15% su ricavi e compensi fino a 65 mila euro, da far scendere al 5% per chi inizia una nuova attività. Sul tema, la Lega si era mossa già all’epoca del governo gialloblu (e ci si era ragionato sopra anche più di recente), il primo della legislatura corrente, avendo proposto uno step diciamo “secondo”, che prevedeva l’applicazione di un’aliquota agevolata per ricavi e compensi fino a 100 mila euro. Certo, per il momento ci si muove nell’ambito delle parole. Al momento di fare i conti lo scenario potrebbe essere tutt’altro. E gli italiani sembrano ormai da tempo a corto di pazienza con i giri di parole.