Il mal di schiena vale il permesso dal lavoro? Risponde la Legge

Un dolore comune garantisce lo stesso delle indennità. Il mal di schiena non fa eccezione, specie in caso vi sia la presenza di patologie particolare.

 

Esistono patologie talmente comuni da indurci a credere che vadano trattate in modo diverso da quelle meno frequenti. O che, addirittura, non possano consentirci gli stessi diritti in termini di permessi lavorativi.

Mal di schiena assenza lavoro
Foto © AdobeStock

In realtà occorre fare dei distinguo. Non solo perché il mal di schiena può essere avvisaglia di guai più seri ma anche perché, per sé stesso, rappresenta già un contrattempo estremamente limitante. In primis negli spostamenti, ma anche nelle posture da seduto e nella concentrazione, visto che indipendentemente dalla localizzazione può provocare dolori molto forti. Con ovvie ripercussioni sul prosieguo della nostra giornata. Senza contare che la tendenza a trascorrere molte ore seduti, specie per chi lavora in ufficio, e la spallata portata dal lockdown e dal conseguente smartworking prolungato ha esteso il novero delle occasioni in cui la nostra schiena assume posizioni scomode e/o errate.

Non è un caso che gli ultimi dati in merito indichino la presenza di dolori posturali addirittura nel 73% degli italiani. Il mal di schiena, inteso in senso lato, copre praticamente una percentuale che va oltre la metà. È chiaro che, in questo senso, vada considerata l’intensità del dolore e, allo stesso modo, la sua incidenza sulle attività quotidiane. Ancora di più se, a esso, fossero associate delle vere e proprie patologie. Certo, dal momento in cui si richiede un permesso dal lavoro, la motivazione del dolore potrebbe di per sé reggere. Diverso è il discorso nel caso la richiesta fosse per malattia. Il soggetto che se ne avvale, dovrà fornire delle motivazioni valide e comprovate, perlomeno con un certificato medico.

Mal di schiena, quando è possibile ottenere permessi dal lavoro

Per quel che riguarda la consegna del certificato medico, si tratta di una prassi del tutto standard e che rappresenta la forma basilare del rispetto reciproco fra lavoratore e datore di lavoro. Chiaramente, nel certificato andrà specificata la natura della malattia e l’entità della stessa. Il documento consentirà di ottenere la consueta retribuzione grazie all’Inps, con possibilità di integrazione da parte del datore di lavoro. Senza contare che, una volta scaduto il certificato senza che il dolore sia passato, sarà possibile chiedere l’estensione del periodo di malattia tramite il rinnovo dello stesso e per il medesimo periodo. Durante il quale, il lavoratore dovrà comunque mantenere la reperibilità durante gli orari in cui potrebbe essere soggetto a visita di controllo.

Tanto per ribadire come il mal di schiena possa essere considerato tale da far scattare le agevolazioni per malattia al pari di altri dolori, il lavoratore che ne soffre può accedere anche a delle detrazioni fiscali. Nello specifico, quella del 19% riguardante le spese mediche, sia di diagnosi che di cura. Rientrano nella detrazione anche gli acquisti relativi a dispositivi medici destinati alle cure, inclusi i materassi ortopedici. E persino le sedute fisioterapiche possono rientrare nel pacchetto. In sostanza, per quanto in apparenza possa essere collegato alla schiera dei dolori comuni, il mal di schiena consente l’accesso agli stessi diritti spettanti in caso di altre patologie. Con possibilità di assegnazione di percentuali di invalidità a seconda della gravità del caso.

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