Bonus bollette, cuneo fiscale, taglio dei costi del carburante: la crisi di governo rafforza quella sociale. E il rischio implosione è sul tavolo.
L’agenda del Governo subisce una contrazione. Almeno in attesa di capire quale fine farà, effettivamente, la coalizione che gli aveva dato vita. Anche se, naturalmente, i temi sul tavolo restano lì.
Per capire quali potrebbero essere le conseguenze della nuova crisi di governo, al netto delle dimissioni di Draghi respinte dal Presidente Mattarella, potrebbe essere utile fare un salto indietro a un anno e mezzo fa, quando l’ex governatore della Bce era stato chiamato a prendere le redini dell’esecutivo lasciate da Giuseppe Conte. All’epoca, visti i trascorsi di Draghi a Francoforte e a Palazzo Koch (come numero uno di Bankitalia), i mercati tornarono a rafforzarsi. Era bastato l’annuncio. Nella giornata di ieri, dopo la prima indiscrezione sulle dimissioni rassegnate e la conferma arrivata con il discorso al Cdm, Piazza Affari era piombata in un giovedì nero. E oggi, a nemmeno 24 ore di distanza, ci si ritrova con uno spread in salita a 211 e con la Borsa di Milano che si aggiudica la maglia nera in Europa con 17 miliardi bruciati.
E l’addio di Draghi non è nemmeno ufficiale. In attesa della relazione alle Camere, annunciata per mercoledì ma poi anticipata a martedì, la situazione è dunque una pentola in ebollizione. I mercati, così com’erano stati i primi a reagire alla notizia della salita in sella del premier, sono stati ugualmente i primi a risentire della crisi di governo innescata dall’uscita dall’aula del Movimento 5 stelle per il voto di fiducia sul Dl Aiuti in Senato. Il problema è che l’addio del premier, anche se ancora incerto per certi versi, mette in discussione l’intera programmazione, col Pnrr da portare ancora a termine e una crisi combinata che, al momento, consegna nelle mani degli italiani un futuro di enormi incertezze. E un presente fatto purtroppo di problemi concreti.
Crisi di governo, dall’inflazione alle bollette: cosa può succedere
Il Dl Aiuti doveva confermare sostanzialmente due cose: la stabilità del Governo e il piano di assistenza alle famiglie. Il primo obiettivo non è stato raggiunto, nonostante la fiducia. Il secondo si vedrà. Perché se non è ben chiaro che fine farà l’esecutivo, lo stesso si può dire per il decreto in questione che, almeno nei programmi, avrebbe dovuto portare il taglio da 100-150 euro del cuneo fiscale, quindi una maggiorazione in busta paga. Stesso discorso per gli sconti in bolletta e il taglio ai costi del carburante. Tutti dossier primari che, ora come ora, finiscono nel cestino delle cose in sospeso.
Il tutto senza che l’inflazione dia tregua alle tasche di una popolazione che, per larga parte, è ormai praticamente sull’orlo della povertà, visti gli stipendi e la riduzione galoppante del potere d’acquisto. Senza contare le indicazioni che arrivano dallo spread che, con il rialzo, fa segnare un nuovo scivolone in termini di fiducia nella crescita del Paese.
Quest’ultimo punto è stato ribadito anche dalla Commissione europea, che ha già assegnato all’Italia la maglia nera per il 2023 in termini di crescita. E se le banche confermano la sfiducia nella ripresa del nostro Paese, per gli italiani il discorso è anche più drammatico. Perché l’inflazione, come detto, non accenna a placarsi. E l’atteso taglio sulle bollette per i meno abbienti lo si attendeva in base alla compattezza della classe dirigenti sul decreto Aiuti. Sul tavolo anche le scadenze relative all’estensione al terzo trimestre del Bonus bollette (15%), così come sul taglio del costo del carburante, confermato a 0,30 euro fino al 2 agosto. Per quanto riguarda il Pnrr, il rischio è di ritrovarsi con un rallentamento che, a fine anno, potrebbe significare il mancato raggiungimento degli obiettivi. Anche perché, per ora, non si è nemmeno a metà strada.