È morto a 98 anni Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica e co-fondatore del settimanale L’Espresso. Un’eredità culturale e non solo.
Fondatore di Repubblica e padre de L’Espresso, Eugenio Scalfari, scomparso a Roma a 98 anni, è stato il capostipite nella combinazione della figura di editore e manager in ambito editoriale.
Nato a Civitavecchia, le sue idee hanno fruttato in pochi anni, portando le sue “creature” in brevissimo tempo ai vertici dell’editoria italiana. La principale eredità del giornalista, compagno di classe (e di banco) di Italo Calvino durante la sua giovinezza sanremese. In Liguria trascorre gli anni della formazione e i suoi primi passi nel mondo dell’informazione li compie durante il fascismo. C’è “Roma fascista” nell’elenco delle sue primissime collaborazioni, prima che alcuni scritti non firmati di accusa contro le speculazioni dei gerarchi fascisti all’Eur comportino la sua espulsione dal Gruppo Fascista Universitario, con l’accusa di essere un imboscato. Saranno gli anni Cinquanta, però, a segnare il vero inizio del suo percorso nel giornalismo. C’è prima “Il Mondo”, di Mario Pannunzio, poi “L’Europeo”, di Arrigo Benedetti.
Proprio Benedetti sarà una figura fondamentale per la sua carriera e anche per la sua vita privata. Con lui, nel 1955, mette le radici del settimanale L’Espresso, il primo a fare inchiesta nell’ambito del giornalismo non quotidiano. E sempre Benedetti lascerà a Scalfari le redini principali, nel 1962, della nuova e rampante testata. In quel momento, il giornalista diventa una figura inedita in Italia: direttore-manager, il primo nel nostro Paese. Doppio ruolo che diventerà fondamentale per il prosieguo della sua carriera e per il successo delle sue successive creazioni. Agli albori degli anni Settanta, con un’Italia che cambia e affronta sé stessa, all’orizzonte si delinea una nuova testata, destinata a far fortuna.
La direzione del giornale La Repubblica, fondato nel 1976 e debuttante il 14 gennaio di quell’anno, sarà un’esperienza ventennale, fino al 1996. Due decadi centrali per la storia dell’Italia contemporanea, giusto il passaggio fra gli Anni di piombo e la società globalizzata, utili per forgiare l’identità della testata negli anni a venire. Un’esperienza che farà parte dell’autobiografia di Scalfari, uscita nel 2014 in occasione del suo novantesimo compleanno e allegata proprio alla pubblicazione del quotidiano. Lasciato il timone di Repubblica, pur mantenendo un ruolo centrale nel giornale, il fondatore si dedicherà principalmente all’attività di scrittore, pubblicando saltuariamente alcune interviste a personaggi eminenti.
Frequenti anche i suoi incontri con Papa Francesco che, peraltro, risponderà a un suo intervento sulla fede la laicità con una lettera inviata a Repubblica l’11 settembre del 2014. Famose, in tempi recenti, anche alcune interviste apparse sul giornale romano, i cui virgolettati furono due volte smentiti dalla Sala Stampa Vaticana.
La vita privata di Scalfari è stata caratterizzata dal matrimonio con Simonetta De Benedetti, figlia del collega Giulio, sposata nel 1950. Dalla loro unione nasceranno le figlie Enrica e Donata. Simonetta verrà a mancare nel 2006. Dopo la morte di lei, Scalfari sposerà Serena Rossetti, alla quale era legato già da tempo. Un’eredità, quella del fondatore di Repubblica, che parla quindi la lingua del giornalismo e dell’analisi culturale della società. Non si hanno notizie certe sul suo patrimonio, se non per una casa posseduta a Roma. Di sicuro, ai posteri resta una figura eminente del mondo editoriale, con un mandato persino come deputato della Repubblica, fra il 1968 e il 1972. Un’esperienza parallela a una vita trascorsa fra carta e inchiostro.