Quando subentra la prescrizione dei debiti con l’Agenzia delle Entrate? La scadenza di un debito comporta il suo decadimento/annullamento.
Quando un debitore riceve una cartella esattoriale vuol dire che ha maturato un debito nei confronti di un ente pubblico. I debiti possono essere nei confronti dell’Inps, dell’INAIL, dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate- riscossione.
Sebbene non esista alcuna legge che parli di prescrizione dei debiti, la Corte di Cassazione si è più volta espressa su questo argomento, andando a definire i tempi di prescrizione delle varie tipologie di debiti.
Di fatto, la scadenza di un debito dipende dalla natura di quest’ultimo.
I giudici hanno previsto tre diverse finestre temporali, esse possono prevedere 3 anni, 5 anni o 10 anni.
Inizialmente, a causa delle difficoltà provocate dalla pandemia, il Governo aveva deciso di sospendere temporaneamente il pagamento dei debiti in favore dell’Agenzia delle Entrate. La sospensione è durata un biennio. Ma dalla primavera del 2022, le cose sono tornate alla normalità.
È così che sono state inviate milioni di cartelle esattoriali, per il mancato pagamento di tributi nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo alcuni calcoli, entro la fine del 2022, saranno spedite oltre 50 milioni di cartelle. Si tratta di un numero davvero esorbitante, tanto che il Governo sta valutando l’idea di una nuova sanatoria.
Come abbiamo accennato, non esiste alcuna legge in Italia che stabilisce la prescrizione di un debito o, sarebbe meglio dire, di una cartella.
Tuttavia, grazie agli interventi della Corte di Cassazione, oggi possiamo affermare che determinati pagamenti cadono in prescrizione dopo un determinato numero di anni.
Generalmente l’Agenzia delle Entrate si occupa di riscuotere solo le somme che i contribuenti devono allo Stato. Siamo riferendo all’Irpef, al Ires, ai redditi non dichiarati e all’Iva.
Per quanto invece riguarda il bollo auto, l’IMU, la Tari, l’imposta di registro, la Tasi, etc. queste sono imposte locali.
In ogni caso, la prescrizione scatta in momenti diversi in base al tipo di imposta.
L’IRPEF, ad esempio, si prescrive tradizionalmente dopo 10 anni e il conto, per la prescrizione, parte dal giorno successivo alla notifica della cartella esattoriale.
Per quanto, invece, riguarda i redditi non dichiarati, la decadenza scatta entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione dei redditi che è stata posta sotto inchiesta.
Se il debito non è maturato in seguito all’inchiesta e non è scattata a partire dalla dichiarazione dei redditi, la prescrizione decorre dal 31 dicembre, del settimo anno successivo alla mancata dichiarazione.
E infine, la prescrizione per il mancato versamento dell’IVA avviene dopo 10 anni. Il termine inizia a decorrere dall’anno successivo a quello del mancato pagamento.
L’istituto della prescrizione è automatico pertanto è sufficiente che vengano superati i termini previsti dalla legge, perché il debitore non debba più versare le somme di denaro richieste.