Anche la caparra concorre a formare la base imponibile, in qualsiasi compravendita. Attenzione, perché il Fisco non si fa sfuggire nulla.
Occhio alla caparra, di qualsiasi compravendita si tratti. Anche perché, nella maggior parte di queste, figura come una componente obbligatoria. Tutto, chiaramente, dev’essere contrattualizzato.
Il punto è che non bisogna guardarsi solo dalle possibili truffe ed evitare di fare figure alla Decio Cavallo. Anche il Fisco, infatti, tiene sott’occhio le compravendite e, soprattutto, le transazioni in termini di caparra, pronto a scatenare una serie di controlli incrociati potenzialmente deleteri sia per chi dà che per chi riceve. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha tirato una riga importante rispetto ai confini entro i quali muoversi in una compravendita per restare al riparo dalla lente fiscale. Uno dei paletti fondamentali riguarda proprio la caparra, di cui si dovrà regolarmente informare l’erario per non incappare in una dichiarazione infedele. Il tutto nell’ambito di una serie di rigidi controlli.
Il caso in oggetto riguardava un contribuente che, dopo aver inoltrato ricorso in merito a una caparra ricevuta di 800 mila euro, si è rivolto ai giudici per una contestazione. Sul tavolo, l’incidenza della stessa sulla base imponibile. Il denaro era stato ricevuto in merito alla vendita di un complesso immobiliare, per la quale era stata corrisposta la caparra confirmatoria come “indizio della conclusione del contratto”. Tuttavia, secondo i giudizi del Palazzaccio, essa mantiene funzioni autonome e di anticipazione del prezzo, qualora il contratto si concluda regolarmente. In tutto questo, non c’è nulla che apparentemente non fili. Salvo la parte che riguarda il piano fiscale.
Caparra, il Fisco controlla: la sentenza che cambia tutto
Per quel che riguarda il versamento di una caparra, i giudici hanno chiarito che il suo versamento assume l’onere di dispensa dalla cosiddetta “prova del quantum” relativa al danno subito. In caso, naturalmente, di inadempimento da parte dell’acquirente. Il quale, in questo caso, perderebbe la caparra versata a titolo di stipula preliminare della compravendita e garanzia della conclusione della transazione. Qualora il tutto si concluda regolarmente, tale somma sarà imputata sul prezzo dei beni in oggetto, i quali risultano quindi assoggettabili a Iva e incidenti sulla base imponibile relativa. Inoltre, secondo quanto stabilito dai giudici, prima ancora di questo sarà suo comito integrare “il presupposto impositivo dell’imposta”. Il tutto a norma di legge, nello specifico in base al D.P.R. 633 del 1972.
È chiaro che, in caso di ricezione di denaro, specie nell’ambito di una compravendita che può riguardare un immobile oppure un altro bene, il Fisco attiverà la lente per controllarne la regolarità della provenienza. Il che, di fatto, impone un controllo più ampio, di tipo strettamente fiscale tanto sul costo complessivo dell’operazione quanto sulle somme ricevute a titolo di caparra. Gli inadempimenti possono costare caro al promittente acquirente ma, in determinati casi, anche a chi riveste il ruolo di venditore. Questo perché la verifica fiscale si sofferma su uno spettro decisamente più ampio, relativo a tutte le componenti della transazione.