L’estate è arrivata e il periodo di ferie è ormai alle porte. E il datore di lavoro non può sottrarsi all’approvazione del riposo.
Il diritto alle ferie dal lavoro fa parte della schiera di quelli inalienabili. Sia nel pubblico che nel privato naturalmente. A meno che non si rientri fra i liberi professionisti, ma questo è un altro discorso.
Chiunque figuri come lavoratore dipendente ha diritto al godimento del periodo di ferie e il datore di lavoro non può opporsi alla richiesta. A intervenire in materia sono anche i Contratti collettivi nazionali (Ccnl) di riferimento, che regolano sia il diritto che le possibilità di richiesta da parte del lavoratore. E questo vale tanto per i dipendenti privati quanto per quelli statali. Innanzitutto, un dato acquisito ma che non è semplicemente convenzionale: le ferie non possono essere configurate in un periodo specifico ma è il lavoratore stesso a determinare il periodo più adatto per usufruirne. Stando a quanto stabilito, nel corso dell’intero anno solare il lavoratore può beneficiare di un totale di 28 giorni di ferie, con due settimane da utilizzare in maniera preferibilmente consecutiva.
Le altre due possono essere fruite nell’arco dei successivi 18 mesi. Chiarito questo punto, è chiaro che nel momento in cui un dipendente richiede dei giorni di ferie, debba tener conto del quadro generale dell’ufficio o dell’azienda presso la quale lavora. In questo modo, non verranno a crearsi carenze di personale oppure la mancanza di esigenze produttive richieste dal datore di lavoro. In questo senso, naturalmente, la richiesta va effettuata con un certo anticipo, così da ricevere l’ok eventuale del datore. Il quale, se non dovesse essere d’accordo per ragioni lavorative con i giorni proposti, dovrà attendere una nuova calendarizzazione. A ogni modo, le ferie andranno concesse.
Ferie, i diritti del lavoratore: cosa si può richiedere (e cosa non può fare il datore)
Nel momento in cui il datore di lavoro rifiuti di concedere il periodo di vacanza, il lavoratore potrà agire in giudizio, fino a richiedere il risarcimento del danno. Il quale, in questi casi, viene inteso come biologico e/o esistenziale. Questo perché, nell’arco di un anno di lavoro, il periodo di riposo è fondamentale al fine di non esporre il dipendente a rischi dovuti a stress, patologie varie e altri inconvenienti dovuti all’assenza di stacco. Altrimenti, potrà pretendere il godimento dei periodi di ferie maturati ma non goduti. Rientra nella facoltà del datore di lavoro la modifica dei giorni già assegnati ma solo per valide e giustificate ragioni di servizio. Ad esempio, l’assenza di un collega per un infortunio, oppure un’emergenza legata a motivi di produzione. Niente che, a ogni modo, possa impedire la maturazione del diritto.
Ogni dipendente ha diritto quindi a 26 giorni di ferie pagate, maturate in ratei mensili. In merito a qualsiasi piano ferie, l’approvazione da parte del datore di lavoro è imprescindibile. Non può tuttavia sussistere la negazione in senso generale del periodo di riposo. Questo secondo quanto previsto a norma di legge e dai Contratti collettivi nazionali. In caso contrario, la normativa prevede una sanzione amministrativa su base pecuniaria, fra 100 e 600 euro. Peggiorabile qualora l’infrazione si riferisca a un numero pari o superiore a 6 lavoratori su un periodo pari a 2 anni. L’importo, in questo caso, può salire fino a 400 euro e, da lì, addirittura a 1.500. In caso di violazione riferita a 11 o più lavoratori in 4 anni, la sanzione potrebbe toccare tetti di 4.500 euro.