Lo stop al Quantitative easing genera un contraccolpo immediato sui mutui a tasso variabile. Le rate schizzano alle stelle.
Momento così così per chi si ritrova a chiedere un mutuo. E non solo per l’aumento complessivo dei prezzi sul mercato immobiliare. Il problema, infatti, sarebbe decisamente più a monte.
Uno dei primi nodi è l’aumento del costo del denaro. La Banca centrale europea ha fatto sapere che la situazione porterà ripercussioni soprattutto sui mutui a tasso variabile. A contribuire, la cessazione delle procedure di acquisto del debito pubblico, andate avanti per 7 anni e rafforzate durante la pandemia per venire incontro alla crisi dei Paesi membri. Il che crea un riflesso immediato sui tassi d’interesse relativi ai mutui, che lasciano la sponda del negativo e subiscono un primo rialzo già nel mese di luglio. Nella misura di un quarto di punto. E sarà bene non abituarsi, visto che già a settembre arriverà un probabile scatto di un altro mezzo punto. Risultato, tassi d’interesse tutt’altro che favorevoli ai richiedenti, specie dopo la botta della pandemia.
La stessa presidente della Bce, Christine Lagarde, ha fatto sapere che al momento ci si trova “in un diverso universo”. Tradotto, in un momento storico in cui l’inflazione continua a farla da padrone, costringendo i contribuenti a rivedere il loro potere d’acquisto e, di conseguenza, la lista delle spese. In pratica, si è chiuso definitivamente il decennio della deflazione “soft”, che consentiva la remunerazione tramite tassi negativi. Tuttavia, ha spiegato Lagarde, l’obiettivo è rientrare nei livelli di guardia con l’inflazione, portandola dall’attuale 8,1% registrato a maggio al 2%. Anche se non è ancora chiaro entro quando.
Una strada che appare lunga, oltre che difficile. Per questo la Bce ha deciso di fermare il quantitative easing e, con esso, l’acquisto dei titoli al netto dall’1 luglio. E al prossimo meeting, previsto per il 21 luglio 2022, da Francoforte hanno già annunciato il rialzo dei tassi di interesse di 25 punti base. Da capire cosa accadrà il prossimo settembre, visto che Lagarde ha preannunciato un ulteriore incremento. E la prospettiva è di andare anche più in là dell’autunno, con l’ex presidente del Fmi che paventa un ritmo sostenuto, anche se più graduale, negli aumenti anche per i prossimi anni. Per i mutui, nello specifico, si ragiona nell’ottica di una serie di cambiamenti avviati già nei mesi scorsi, quando i tassi di mercato sia a medio che lungo termine già risentivano delle manovre della Bce. Un trend incentivato anche dal progressivo orientamento dei richiedenti dal tasso variabile a quello fisso.
È chiaro che, per coloro che hanno già stipulato prestiti a queste condizioni, non si registreranno cambiamenti. Più complicata sarà la situazione dei nuovi richiedenti, che si ritroveranno di fronte un tasso di interesse decisamente più elevato rispetto all’andamento del mercato. Ancora peggio andrà ai tassi variabili, perché il mutare della mare riguarderà tanto i prestiti attivi quanto quelli in procinto di essere richiesti. Sena contare che già il mese scorso era stata registrata una salita, dallo 0,87% all’1,08%. Una soluzione potrebbe essere il passaggio al fisso ma solo per un 5-10% dei richiedenti fra quelli che hanno attivato il prestito prima del 2015. Il quadro è decisamente sconfortante: a fronte di un finanziamento avviato un anno fa per un costo di 200 mila euro, 20 anni di prestito e con tasso all’1%, si rischia di salire a 959 euro di rata. Una proverbiale tombola.