In attesa della riforma del sistema pensione, ecco una soluzione di anticipo che interessa molti lavoratori. Ma servono requisiti specifici.
Pensione e 2023. Una parola e un numero che pare proprio non vogliano incontrarsi. Eppure l’accelerazione sul tema pensioni dovrebbe essere un mantra per il Governo.
Arrivati quasi al giro di boa del 2022, la prospettiva di un nuovo anno di transizione per il tema pensioni sembra farsi sempre più possibilità concreta. Non certo una buona notizia, visto che il termine della misura (provvisoria) di Quota 102 corrisponderebbe inevitabilmente al ripristino delle condizioni di rigidità della Legge Fornero. A meno che, nel frattempo, esecutivo e sindacati non trovino la quadra e permettano di utilizzare una nuova soluzione. Una possibilità che, al momento, appare piuttosto remota. Tant’è che, nel suo discorso di fine convegno, nel giorno della sua conferma a segretario generale Cisl, Luigi Sbarra ha incalzato il Ministero del Lavoro affinché si chiudano i tavoli tecnici per riaprirne uno politico sul delicato argomento. Ed evitare pensioni a 70 anni.
A proposito di 2023, qualche spiraglio sembra esserci ma solo a determinate condizioni. Ad esempio, i lavoratori che compiranno 60 anni entro la fine del 2022, potrebbero contestualmente maturare il diritto alla pensione già il prossimo anno. A patto, però, di pianificare il proprio futuro con abbondante anticipo. Anzi, per la verità rimane pochissimo tempo per riuscire a rientrare fra i fortunatissimi che potranno combinare anzianità anagrafica e contributiva in modo proficuo già il prossimo anno. Per chi non dovesse riuscirci, il sistema previdenziale Inps potrà far poco. Bisognerà attenersi alle regole della nuova riforma, sempre che questa arrivi in tempo a scongiurare il ritorno alla Fornero in forma piena.
Attenzione, perché la data limite per andare in pensione già nel 2023 a “soli” 60 anni è il 31 maggio 2022. L’obiettivo del sistema previdenziale in questione, infatti, è quello di concedere un anticipo di oltre 5 anni sul trattamento vero e proprio, anticipando quindi sensibilmente la soglia dei 67 anni di età anagrafica. Si tratta di una misura particolare, che permette al lavoratore un adempimento in anticipo di parecchi mesi. Nello specifico, si parla del cosiddetto “scivolo” per gli usuranti, praticamente la sola misura in grado di mandare un lavoratore in pensione nel 2023, a parte che il suo sessantunesimo anno sia stato compiuto già nel 2021. Il requisito minimo, infatti, risiede nei 61 anni e 7 mesi di età compiuti, oltre che nei 35 anni di contributi versati. Questo perché, al fine della validità, il totale fra anagrafica e contribuzione dovrà essere necessariamente 97,6.
Il termine per chi rientra nel pacchetto in realtà è già scaduto. La domanda di certificazione del diritto avrebbe dovuto essere inoltrata già l’1 maggio 2022. In sostanza, all’inizio del mese era necessario inviare l’istanza affinché l’Inps riconoscesse al pensionando il diritto a ottenere la misura anticipata. Come spesso accaduto negli ultimi tempi, però, un minimo di estensione viene concessa. Ed ecco che spunta la data odierna. Il 31 maggio sarà l’ultimo giorno utile per fare il passo ma perdendo un mese di pensione: da 61 anni e 7 mesi, si passerà a 61 anni e 8 mesi. E così via fino a luglio, quando la domanda presentata costerà ben tre mesi di riduzione della pensione.
C’è da dire, peraltro, che l’accettazione delle domande da parte dell’Inps avverrà con riserva, dal momento che il solo requisito anagrafico si materializzerà certamente nel 2023. Per quanto riguarda i contributi, la quota necessaria non potrà essere confermata prima di un anno in anticipo rispetto alla loro maturazione effettiva. Il perfezionamento dei requisiti sarà quindi accertato al 31 dicembre 2023. Per la serie, una riforma del sistema pensionistico serve come il pane.