Il metallo giallo, sia per gli investitori maggiori che per tutti gli altri, resta un fattore. E anche l’oro usato fa la sua parte.
Un indicatore essenziale per determinare la stabilità della finanza mondiale. E, nondimeno, la convenienza in fatto di investimenti. Nonostante l’ascesa di altri elementi di guadagno e rendimento, l’oro resta l’ago della bilancia delle economie mondiali.
Non sono solo le sue qualità fisiche ad averne costruito mito e condizione aurea. L’oro rappresenta la riserva di ricchezza per eccellenza, perlopiù convertita in lingotti, utili come antidoto alla recessioni economiche. L’ascesa di altri concorrenti, come il petrolio, ha creato solo un canale alternativo di investimento. E al netto di qualche risultato altalenante in termini di rendimento dell’oro, niente in grado di insidiare realmente il primato del metallo giallo. Al fine di determinare in modo esaustivo lo stato di salute delle varie economie, il parametro migliore resta l’oro. Sia per gli investitori maggiori che per quelli con una disponibilità economica minore, conoscerne il valore-momento reale diventa una prerogativa essenziale per determinare le proprie strategie d’azione in ambito finanziario.
Se la conversione in lingotti resta roba da enti di rilevanza perlomeno nazionale, in tempo di pandemia l’oro ha rappresentato il bene-rifugio per eccellenza. E questo nonostante un leggero trend al ribasso che ha caratterizzato tutto il periodo pandemico. Secondo Talky Music, il prezzo dell’oro ha registrato un picco massimo di 1.900 dollari l’oncia. Il logoramento dovuto alle tendenze ribassiste ha spinto gli esperti a ritenere possibile un’ulteriore discesa nel corso dei restanti mesi del 2022 fino all’inizio del 2023. Le stime parlano di un 16% lasciato per strada, con rendimenti fra 1.500 e 1550 dollari l’oncia.
Quanto vale l’oro usato: le cifre che (forse) non ti aspetti
L’anno appena trascorso, però, è stato caratterizzato da prestazioni piuttosto performanti. Segno evidente di come, in tempi di inflazione, gli investitori cerchino rifugio nell’unico bene che, a parte qualche influsso, resta sostanzialmente stabile anche nei tempi di magra. La sua rilevanza sul mercato resta quindi importante, anche se le economie, negli anni, hanno cercato di sostenersi meno sull’oro e maggiormente su altri fronti di rendita. Anche perché, al netto di tutto, il metallo giallo resta suscettibile a numerosi fattori, sia in senso rialzista che ribassista. La guerra in Ucraina, ad esempio, ha creato maggiore richiesta di risorse polivalenti, metalli preziosi in primis. E proprio il conflitto all’Est rappresenta la ragione principale della tendenza al rialzo del valore dell’oro registrata negli ultimi mesi.
Situazioni che contraddicono in parte il giudizio degli esperti. Merito (o colpa, a seconda dei punti di vista) dell’influenza esercitata anche dai mercati più “a portata di mano”. Fra tutti quello dell’oro usato o comunque meno puro. Una sorta di metallo giallo “di seconda mano”, quotato però alla ragguardevole cifra di 58,70 euro al grammo, almeno per quello a 24 carati. Si tratta del cosiddetto oro 999, mentre la variante utilizzata per la creazione dei gioielli (l’oro a 18 carati), rende circa 48,40 euro al grammo. Si resta su valutazioni sensibili anche per l’oro a 14 carati, il meno puro, utilizzato per gioielli di piccole dimensioni. I numeri attuali dicono 34 euro al grammo. Una buona ragione per farci un pensierino, consapevoli che i trend al ribasso possono spostare sì gli equilibri ma non abbastanza per far crollare l’intero pacchetto.