Dallo stipendio fino al conto corrente, quanto può pignorare l’Agenzia delle Entrate? Entriamo nei dettagli e vediamo cosa c’è da sapere in merito.
Occhio ai debiti! Quanto può pignorare l’Agenzia delle Entrate e quali sono i limiti con cui dover fare i conti?
A partire dal Covid, passando per le possibili ripercussioni della guerra tra Russia e Ucraina, fino ad arrivare all’aumento generale dei prezzi, sono molti e diversi i fattori che hanno un impatto negativo sull’economia. Sempre più persone registrano delle minori entrate, riscontrando pertanto delle serie difficoltà nel riuscire ad arrivare alla fine del mese.
A peggiorare la situazione, poi, il timore di dover fare i conti con le possibili conseguenze derivanti da alcuni debiti pregressi. Proprio in tale ambito, pertanto, sono in molti a chiedersi quanto può pignorare l’Agenzia delle Entrate e quali sono i limiti con cui dover fare i conti. Entriamo nei dettagli e vediamo tutto quello che c’è da sapere in merito.
Abbiamo già visto che è possibile difendere i risparmi di una vita dal pignoramento. Ebbene, proprio soffermandosi su quest’ultimo sono in molti a chiedersi quanto può pignorare l’Agenzia delle Entrate sul proprio conto corrente, stipendio, pensione e così via.
Partiamo innanzitutto con il dire che non può essere pignorata la prima casa. L’Agenzia delle Entrate, infatti, può pignorare un’abitazione solo se di lusso, ovvero se quest’ultima risulta accatastata nelle categorie A/1, A/8 o A/9, oppure se il soggetto debitore risulti titolare di altri immobili.
Per quanto concerne lo stipendio, la pensione e il conto corrente, invece, l’Agenzia delle Entrate può procedere con il relativo pignoramento, rispettando, però, determinate regole. Entrando nei dettagli, infatti, bisogna sapere che sono previsti dei limiti in caso di pignoramento della pensione o dello stipendio.
Soffermandosi su quest’ultimo, in particolare, come riporta La Legge per tutti, l’Agenzia delle Entrate Riscossione può pignorare:
Tali quote vengono calcolate sull’importo netto dello stipendio. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, allora viene pignorato il Trattamento di fine rapporto. Anche nel caso delle pensioni bisogna fare i conti con i limiti poc’anzi citati. A differenza dello stipendio, però, tali quoti vengono calcolate sulla pensione netta, dopo la decurtazione del cosiddetto minimo vitale.
Quest’ultimo è pari ad una volta e mezzo l’assegno sociale. Essendo l’assegno sociale pari a 468,10 euro, allora il minimo vitale nel 2022 è pari a 702,15 euro. Ne consegue, quindi, che la pensione può essere pignorata per massimo un quinto della parte che risulta eccedente rispetto a 702,15 euro.
Non sono previsti limiti, invece, rispetto alle altre forme di entrate economiche. L’Agenzia delle Entrate, infatti, può ad esempio pignorare l’intera mensilità versata da un inquilino come canone d’affitto a favore del soggetto debitore.
Se sul conto corrente viene accreditato lo stipendio o la pensione, inoltre, è bene sapere che il pignoramento può essere effettuato solo sulle somme che risultano eccedenti il triplo dell’assegno sociale.
Quest’ultimo, nel 2022, è pari a 1.404,30 euro. In seguito, ovviamente, verrà trattenuto un quinto sulle entrate derivanti dallo stipendio o dalla pensione. Questo sempre in seguito ad una decisione del giudice.
Se si tratta del conto corrente di un imprenditore, di un libero professionista o comunque di un soggetto che non accredita redditi da lavoro dipendente o pensione, allora può essere pignorata tutta la somma presente. Sono queste, quindi, le regole con cui bisogna fare i conti in caso di pignoramento.