L’elastico della pensione non è il solo nodo per i lavoratori. Anche la soluzione del Tfr richiede un’imposta alla quale fare attenzione.
Il momento di sciogliere il nodo pensioni arriva per tutti. Almeno per coloro che, negli anni lavorativi, sono riusciti a versare la giusta quota di contributi, tale da poter accedere al trattamento finale.
Non è un caso che le varie legislazioni, soprattutto le ultime, abbiano fatto i conti con tutti i risvolti di quella che, da diritto acquisito, spesso può trasformarsi in una problematica. Non è solo questione di bilanciamento fra posizione contributiva e requisiti anagrafici. Molto spesso, infatti, l’età pensionabile si allunga, complicando i piani anche dei contribuenti che sono in procinto di ritirarsi dall’attività lavorativa. Variazioni frutto dei vari sistemi applicati negli anni, che hanno spostato l’asticella sempre più avanti, lasciando a parecchi lavoratori il problema degli scatti contributivi. In questo quadro, indipendentemente dalle varie riforme, resta prioritaria l’ottimizzazione dei risparmi.
Necessaria perché la vera soluzione alle pensioni basse potrebbero essere i contributi volontari. Ragionamento che il lavoratore fa non solo nell’ottica della pensione ma anche per tamponare eventuali emergenze dovute all’interruzione di un rapporto di lavoro. In questo caso, il nodo da sciogliere non sarebbe tanto l’anzianità contributiva (e la sua regolarità chiaramente) quanto il Trattamento di fine rapporto (Tfr) maturato. Un importo che spetta di diritto con la cessazione di un rapporto di lavoro, sia con contratto a tempo determinato che indeterminato. Una somma che le sue regole di accumulo, stabili negli anni.
Tfr, calcolo dell’importo e tassazione: a quanto ammontano
Esistono delle eccezioni all’erogazione del Tfr. Non in merito a una sua possibile revisione ma a un potenziale anticipo, visto che parte della somma accumulata da ottenere alla cessazione del rapporto può essere richiesta prima del tempo. Anche se, naturalmente, solo a determinate condizioni. Peraltro, l’anticipo del Tfr dev’essere dettato da ragioni ben precise, visto che non sempre conviene far ricorso alla propria liquidazione per ovviare a un’emergenza economica. A ogni modo, la possibilità di ottenere parte del Tfr prima della cessazione del lavoro non è l’unico dubbio. Anzi, il vero nodo da sciogliere riguarda l’importo complessivo della somma e, soprattutto, la sua tassazione. Non è un caso che molti lavoratori si chiedano se lasciarlo in azienda oppure utilizzarlo come investimento per un fondo pensione.
Dubbio legittimo. Il Tfr matura in modo mensile, tramite la quota capitale e la rivalutazione. Il calcolo è abbastanza semplice: la retribuzione (avuta in forma chiaramente non occasionale) dev’essere divisa per 13,5 (al netto di eventuali lavori straordinari regolarmente retribuiti). All’importo ottenuto andrà sottratto il contributo Inps dello 0,5% dell’imponibile previdenziale. Per quanto riguarda la rivalutazione, la quota fissa attuale (dovuta al momento di inflazione) è dell’1,5%, col 75% in quota variabile, in base all’indice dei prezzi di consumo.
Sia in caso di erogazione alla fine del rapporto di lavoro che di anticipo, l’importo ottenuto vedrà l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 17%, pagabile tramite F24 in due rate. La prima quota, richiesta entro il 16 dicembre di ogni anno, sarà pari al 90% della rivalutazione avuta l’anno precedente. La seconda, entro il 16 febbraio, come saldo finale.