La detrazione fiscale al 65% è un’ottima opportunità per risparmiare in caso di lavori di efficientamento energetico: la guida pratica.
La detrazione fiscale al 65% fa parte del meccanismo dell’Ecobonus ed è stata prorogata anche per il 2022. Ecco in che cosa consiste, come funziona e come è possibile ottenerla.
In questi ultimi mesi bonus ed agevolazioni sono stati e sono tuttora parte integrante del programma di Governo. D’altronde, alle difficoltà legate alla pandemia ed alla crisi economica che ne è seguita si sommano ora i problemi legati ai fortissimi rincari dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità.
Un contesto certamente delicato per milioni di famiglie italiane, costrette a sempre maggiori sacrifici per far quadrare il bilancio familiare ogni mese. Ebbene, alla luce di ciò non deve di certo sorprendere l’insieme di iniziative varate dall’Esecutivo per confermare o proporre nuovi bonus ed incentivi di vario tipo. Destinatari sono singoli cittadini, lavoratori, famiglie ed imprese.
Di seguito intendiamo vedere da vicino la detrazione fiscale del 65%, ossia un’agevolazione molto interessante, ma di cui non tutti conoscono gli aspetti fondamentali e le modalità per accedervi.
Ecco allora la nostra guida pratica sul tema, che intende sgomberare il campo da possibili dubbi e costituire dunque una sintesi degli incentivi statali utilizzabili oggi.
Se intendiamo parlare di caratteristiche e vantaggi della detrazione in oggetto, non possiamo non prendere in considerazione l’Ecobonus. Esso altro non è che un incentivo:
Sono in gioco delle distinte aliquote di rimborso, ossia il 50%, il 65% e il Superbonus 110%. Per quanto riguarda il meccanismo di restituzione, è applicato lo scalo dalle tasse future, in più rate annuali.
Non vi sono particolari dubbi a riguardo: l’Ecobonus consiste in una agevolazione fiscale dedicata alla riqualificazione energetica dell’immobile. Questa misura è rivolta a tutti i cittadini che svolgono determinati lavori sull’immobile in cui possiedono un diritto reale, e comporta una agevolazione al 50%, oppure al 65% sulla scorta della tipologia di lavori svolti. In alcuni casi specifici l’agevolazione può anche raggiungere una percentuale più alta, e in alternativa si può accedere anche al vantaggiosissimo Superbonus 110%, se sono rispettati alcuni specifici requisiti.
La riqualificazione in oggetto risulta più che mai attuale, in considerazione delle intenzioni dello Stato di favorire il miglioramento dello stato complessivo delle strutture immobiliari della penisola.
Da ribadire che l’Ecobonus indica le detrazioni fiscali concesse ai fini Irpef in rapporto agli interventi edili ed impiantistici, che hanno la finalità di diminuire i consumi energetici all’interno di edifici esistenti.
Non solo. L’obiettivo del Governo con l’introduzione di questi bonus è quello di: incentivare il settore dell’edilizia nel nostro paese e tutto il suo indotto; superare l’uso di combustibili fossili a vantaggio di fonti energetiche rinnovabili, favorendo così il rispetto dell’ambiente.
In particolare l’utilizzo dei combustibili fossili, insieme all’aumento dei gas serra (in particolare anidride carbonica) nell’atmosfera, comporta diversi tipi di inquinamento, come ad esempio le piogge acide e lo smog. Ecco perché le agevolazioni di cui parliamo presentano sicuramente vari elementi degni di nota.
Importante ricordare che l’Ecobonus al 50 % e al 65 % è stato prorogato per tutto il 2022, 2023 e 2024, mentre il Superbonus fino al 2025. Interessanti anche i meccanismi dello sconto in fattura e cessione del credito, che più avanti vedremo e che sono alternativi alla detrazione fiscale.
Sgomberiamo il campo da possibili dubbi: l’Ecobonus 2022 è formato da una serie di detrazioni fiscali che il contribuente può far valere sugli:
La citata detrazione fiscale, valida ai fini Irpef, attiene in particolare agli interventi di riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti fotovoltaici e installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici.
In base alla tipologia di intervento di riqualificazione compiuto dal contribuente, questi ha la possibilità di ottenere indietro una percentuale della spesa. Si tratta del 50%, del 65% o del 110% di quanto sostenuto.
Su tutte le tipologie di bonus, con modalità ed adempimenti distinti tra loro, è possibile optare per lo sconto in fattura, la cessione del credito o l’utilizzo della detrazione in dichiarazione dei redditi. All’interessato la libera scelta su ciò che è ritenuto più opportuno.
Appare particolarmente utile parlare di detrazione fiscale del 65%, proprio in questo periodo. Infatti, al di là degli aspetti prettamente fiscali ed economici, si tratta di lavori che consentono una riduzione del consumo energetico per il riscaldamento, permettendo anche un considerevole risparmio nel corso del tempo.
In linea generale, con l’Ecobonus è in gioco altresì il miglioramento termico dell’edificio che può aversi con differenti lavori: dalle coibentazioni ai nuovi pavimenti, alla sostituzione delle finestre o degli infissi. Ma fanno parte dell’ecobonus lavori come l’installazione di pannelli solari, e la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale.
La proroga delle agevolazioni vale per l’aliquota del 65%, oltre che per quella del 50% e il Superbonus 110%. In particolare, detta detrazione fiscale è stata concessa nel modello 730 sugli interventi direzionati alla riqualifica energetica degli edifici, ed è stata prorogata per effetto della legge di Bilancio sino al 2024. Le finalità alla base della proroga sono quelle sopra esposte.
Ebbene, la domanda sorge spontanea e comporta il chiedersi che cosa si può detrarre al 65%. Precisiamo quanto segue:
Attenzione però: condizione indispensabile per poter sfruttare la detrazione fiscale al 65% è che gli interventi siano svolti espressamente su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) già presenti, di qualsiasi categoria catastale, anche se rurali, inclusi quelli strumentali (per l’attività d’impresa o professionale).
Perciò, vanno bene negozi, abitazioni, laboratori, uffici, capannoni industriali, magazzini. Ma attenzione: gli ambienti riqualificati devono essere riscaldati prima che comincino i lavori.
Facciamo un esempio pratico per capire in cosa consistono esattamente queste detrazioni fiscali. Il caso tipico è quello della spesa di 10.000 euro, per sostituire l’impianto di riscaldamento corredato di caldaia a condensazione. Ebbene, il Fisco restituisce il 65 % della spesa sostenuta in detrazioni Irpef. Perciò l’Agenzia delle Entrate non verserà sul conto 6.500 euro (65% di 10.000 euro), ma restituirà la somma scalandola dalle tasse future, in distinte rate annuali. A conti fatti, si tratta di un bel risparmio.
In tutti i casi, si tratta di agevolazioni concesse per tutti quegli interventi mirati a accrescere il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti. Esse attengono alle spese effettuate per:
Alla luce del meccanismo in oggetto, che fa in pratica scattare un rimborso spese entro specifiche condizioni, si possono agevolmente calcolare i massimali, ossia la spesa massima agevolabile. In particolare, essi variano in base al tipo di intervento. In sintesi:
E’ del tutto chiaro: i massimali di spesa per il risparmio energetico sono variabili, sulla scorta della categoria di intervento. In particolare, l’ammontare massimo della detrazione va da 30.000 euro, per la sostituzione degli impianti termici, ai 60.000 euro, per gli interventi su involucro e impianti solari. Può toccare anche i 100.000 euro nel caso di interventi di maggior impatto.
Precisiamo altresì che nel caso di Ecobonus al 65% o al 50%, le spese sono restituite in 10 anni. Per quanto riguarda il Superbonus 110%, è un discorso a parte. Infatti viene recuperato in soli 5 anni o 4 anni, a seconda che la spesa sia sostenuta nel 2021 o nel 2022.
A questo punto, facciamo chiarezza sui soggetti che possono usufruire della detrazione fiscale. Essi sono fondamentalmente:
Beneficiano dell’agevolazione i seguenti soggetti in particolare:
Come si può agevolmente notare, la platea dei possibili destinatari è dunque piuttosto ampia.
Se ci si chiede quante volte si può fruire dell’Ecobonus come ad es. la detrazione del 65%, la risposta è molto semplice. In realtà, non è prevista una soglia massima di possibilità di domande di Ecobonus, salvo non essere effettuate nello stesso anno. Inoltre, il contribuente potrà approfittarne a patto che il nuovo intervento sia autonomo rispetto a quello anteriore.
Ovviamente, al fine di poter sfruttare l’agevolazione in oggetto, che consiste nella detrazione fiscale Irpef al 65%, è obbligatorio essere muniti e presentare la seguente documentazione:
Essa permette di acclarare che l’intervento realizzato è conforme ai requisiti tecnici richiesti. Ricordiamo brevemente che l’asseverazione consiste in un documento tecnico che soltanto un professionista tecnico abilitato, come un geometra o un architetto o un ingegnere, può emettere.
Detto documento serve appunto a provare la sussistenza di tutti i requisiti tecnici obbligatori per poter fruire dei bonus edilizi.
Si tratta di un documento messo a punto da un tecnico non coinvolto nei lavori, che include i dati legati all’efficienza energetica dell’edificio.
In linea generale, l’attestato di prestazione energetica (APE) consiste in un documento che comprende le caratteristiche energetiche di un edificio, un’abitazione o un appartamento. Detto documento è di fatto una certificazione che va peraltro presentata ogniqualvolta si procede a un atto di compravendita, donazione o locazione di un immobile, sia se questo viene venduto (o affittato) tra privati, sia che si passi attraverso agenzia – per locazione di interi edifici o di singole unità immobiliari. In buona sostanza, si tratta di un documento rilevante in una pluralità di situazioni ed anche in materia di detrazione fiscale 65%.
Inoltre, il certificato APE consente di calcolare la classe energetica di un edificio in una scala che va da A4 (il punteggio massimo, che rappresenta la migliore efficienza energetica) a G (il punteggio minimo). Non vi sono dubbi a riguardo: l’attestato deve essere emesso da un soggetto accreditato, dopo aver valutato le caratteristiche dell’immobile.
La scheda informativa da spedire all’ENEA entro 90 giorni dalla data di collaudo deve avere specifiche caratteristiche. Deve infatti contenere:
Per chi non lo sapesse, ricordiamo che l’ENEA è un ente pubblico di ricerca italiano attivo nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile.
I 3 documenti appena menzionati sono obbligatori e servono per poter accedere alle detrazioni fiscali del 65% per la riqualificazione e il risparmio energetico.
Per ottenere le detrazioni fiscali energetiche sugli interventi sulla casa è ovviamente obbligatorio compilare correttamente i documenti necessari. Infatti eventuali errori nell’iter potrebbero bloccare il processo di richiesta del bonus e comportare l’esclusione dalle detrazioni fiscali in oggetto.
Non vi sono dubbi a riguardo: onde ottenere le agevolazioni fiscali dell’Ecobonus 65%, l’interessato deve aver effettuato il versamento con il cd. bonifico parlante.
In linea generale, quest’ultimo rileva in una pluralità di situazioni e può essere definito come un documento che comprova i pagamenti, come quelli per i lavori di ristrutturazione o opere di riqualificazione energetica. Tra essi anche l’acquisto di materiali, elettrodomestici a risparmio energetico, arredamenti, mobili e prestazioni di artigiani e professionisti del settore edile ed energetico.
Il bonifico parlante è metodo di pagamento che consente ai cittadini di accedere alle detrazioni fiscali e agli incentivi offerti dallo Stato italiano. Da notare che per accedere alle detrazioni fiscali 65% e agli incentivi in ambito energetico, questo tipo di bonifico è la sola modalità di pagamento accettata.
Inoltre, il bonifico parlante può essere compiuto sia online che compilato presso la filiale bancaria di fiducia o anche recandosi all’ufficio postale. In virtù del bonifico parlante il Fisco può peraltro accedere alle informazioni del contribuente e della prestazione svolta o richiesta.
Attenzione però: anche un piccolo errore nella compilazione del bonifico parlante può essere decisivo per coloro che vogliono l’agevolazione fiscale in oggetto, con il concreto rischio di perderla. Chiaro allora che detta forma di pagamento deve essere compilata nel modo giusto, usando i moduli prestampati ad hoc che gli istituti di credito e le Poste mettono a disposizione, o anche il formulario interattivo del proprio servizio di online banking.
Rimarchiamo che quando si compila il bonifico parlante è meglio immettere i riferimenti normativi dell’agevolazione che si sta richiedendo nella causale. Ovviamente nel nostro caso, si tratta della detrazione del 65% (Ecobonus).
Un esempio di corretta dicitura della causale Ecobonus è il seguente:
“Riqualificazione energetica, articolo 1, commi 344-347, legge 296 / 2006. – Pagamento fattura n. ___ del___ a favore di ___ partita Iva ___C.f. beneficiario detrazione_________”.
Nel triennio 2022-2024 su tutte le spese sostenute, in alternativa alla detrazione, il contribuente potrebbe essere interessato a richiedere lo sconto in fattura all’impresa che fa i lavori. Ebbene in che cosa consiste? L’impresa anticiperà i soldi al privato che intende avvalersi dell’agevolazione, e questi soldi saranno recuperati in futuro come creditrice d’imposta. Si tratta di una delle novità introdotte dal DL Rilancio del 2020, insieme alla cessione del credito (che vedremo in sintesi tra poco).
In altre parole, il soggetto che fa i lavori – assumendo il ruolo di creditore d’imposta – è come se avesse pagato in anticipo le tasse allo Stato. Anticiperà la spesa detraibile. Mentre lo Stato stornerà dalle imposte future la cifra anticipata dall’impresa. Insomma, in questi casi il contribuente che vuole che siano eseguiti i lavori, non paga la quota di spesa recuperabile in detrazione, in più rate.
Da notare che potranno sfruttare lo sconto in fattura altresì gli incapienti, vale a dire coloro che non sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi o che comunque versano poche imposte Irpef.
Potrebbe non essere facile trovare un’impresa disposta a questo meccanismo, anche perché le imprese per questa via si ‘espongono’ non poco. Tuttavia nel decreto Rilancio è previsto che l’impresa ha la possibilità di cedere il credito ad altri soggetti, inclusi gli istituti di credito ed altri intermediari finanziari.
Se il contribuente non riuscisse a trovare un’impresa disposta a far ciò, l’alternativa potrebbe essere cedere direttamente il credito alle banche, saltando imprese e fornitori.
Lo abbiamo appena accennato: insieme allo sconto in fattura, la cessione del credito è una delle novità introdotte dal DL Rilancio 2020. In precedenza, ossia anteriormente al primo gennaio 2020, il contribuente interessato ai lavori avrebbe potuto esclusivamente portare in detrazione dalle tasse future le spese sostenute per le operazioni di cui sopra.
Ebbene, oltre a questo sistema che – come abbiamo visto in questo articolo – è tuttora operativo, vi sono altre opzioni. L’interessato deve infatti sapere che in alternativa, può cedere il credito ad un istituto, sia esso una banca, una compagnia di assicurazione o le Poste, conseguendo di fatto subito i soldi.
Il punto è però che, scegliendo questa soluzione, il contribuente andrebbe ad ottenere meno soldi di quelli ottenuti con la detrazione dalle tasse spalmata su più anni. Il motivo è molto semplice: la banca non può non guadagnare dall’operazione, e lo farebbe trattenendo un utile.