Brutte notizie in arrivo per chi lavora in nero e percepisce sussidi statali. Entriamo quindi nei dettagli e vediamo tutto quello che c’è da sapere in merito.
Aumentano i controlli su chi percepisce contributi statali e lavora in nero, con quest’ultimi che rischiano di incorrere in spiacevoli inconvenienti.
Ormai da due anni a questa parte ci ritroviamo alle prese con il Covid e le ripercussioni che quest’ultimo porta con sé, in particolar modo dal punto di vista economico. Se poi si aggiunge il preoccupante aumento generale dei prezzi, ecco che è facile intuire il motivo per cui sempre più persone cerchino di arrotondare attraverso qualche entrata extra. Non sempre però le cose vanno come sperato e in molti decidono di accettare anche di lavorare in nero.
Questo pur di avere qualche euro in più a cui poter attingere in caso di necessità. Una situazione che si verifica molto più spesso di quello che si possa pensare. Non a caso sono sempre più i controlli volti a scoprire proprio chi lavora in nero e percepisce sussidi, con tanti che rischiano di dover fare i conti con spiacevoli conseguenze. Entriamo quindi nei dettagli per vedere tutto quello che c’è da sapere in merito e soprattutto cosa si rischia.
Abbiamo già avuto modo di vedere come siano in molti, purtroppo, i lavori poco pagati. Una forma di schiavitù nascosta nei guadagni, che porta in molti ad accettare retribuzione davvero molto basse se non addirittura di lavorare in nero. Proprio in tale ambito, quindi, interesserà sapere che si assiste ad un aumento dei controlli.
Quest’ultimi volti proprio a scoprire coloro che lavorano in nero e percepiscono l’assegno di disoccupazione o aiuti statali di vario genere. Una situazione, quest’ultima, che si verifica, come già detto, molto più spesso di quello che si possa pensare e che rischia di portare con sé gravi ripercussioni.
In particolare bisogna sapere che nel caso in cui venga scoperto un lavoratore in nero che percepisce un sussidio, come ad esempio la Naspi, il soggetto interessato rischia fino a tre anni di carcere. Questo in quanto accusato di falsità ideologica in atto pubblico, ovvero di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato.
Ma non solo, in alcuni casi si rischia anche l’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Un reato, quest’ultimo, per cui la condanna può arrivare fino a sei anni di carcere. Allo stesso tempo, è bene sottolineare, non si deve tralasciare la responsabilità penale dei datori che pagano in nero o non iscrivono i lavoratori alla previdenza sociale.