Non solo gas. La crisi è diffusa anche sul fronte degli approvvigionamenti. E il Governo non nasconde l’esaurimento delle scorte. Ecco il piano.
La convergenza degli elementi ha creato un corto circuito generale. Gli italiani avevano in qualche modo superato la fase peggiore della pandemia, con la prospettiva di un anno di transizione all’insegna di un piano di ripresa.
Una guerra alle porte dell’Europa non era proprio prevista, almeno dai mercati. Il contraccolpo, già dalle fasi iniziali del conflitto avviato dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina, è stato fin troppo evidente. L’Europa intera ha dovuto fronteggiare una nuova fase di rincaro diffuso, con un’incertezza regnante non solo sulle derive che potrà assumere la guerra ma anche sul piano economico. L’andamento dei mercati risente della replica degli Stati occidentali alla Russia, per il momento mirante all’isolamento di Mosca dal circuito finanziario. Il problema è che, nel quotidiano, le cose non vanno per il meglio. L’impatto delle sanzioni alla Russia è difficilmente quantificabile. E il Governo italiano, come gli altri dell’Unione europea, deve adeguarsi alla nuova fase.
Per questo è stato indetto un Consiglio dei ministri, volto a discutere un piano di emergenza per mitigare gli effetti delle sanzioni economiche dovute alla guerra in Ucraina. Il piano è abbastanza semplice: risparmio su luce e gas, approvvigionamenti energetici da altre fonti e, per quanto possibile, miglioramento dell’autosufficienza dal punto di vista energetico. Un punto, quest’ultimo, difficilmente raggiungibile a stretto giro. Il Cdm dovrà quindi stilare un piano di contrasto immediato alla nuova crisi. Il quale uscirà fuori anche dall’esito del confronto con il Nucleo Interministeriale Situazione e Pianificazione (Nisp). L’obiettivo è evitare il blackout sul fronte degli approvvigionamenti.
Governo, il piano anti-crisi: cosa succede a elettricità e riscaldamenti
L’intervento del Nisp dà il peso della situazione attuale. Il suo ruolo è coordinare i ministeri in merito alla prevenzione della crisi e alla messa a punto di piani strategici d’emergenza. Un compito, in sostanza, che ha a che fare con la sicurezza nazionale e con il monitoraggio delle sacche di criticità sia finanziarie che non. E tutte le ipotesi formulate sono, appunto, su scala nazionale. Sulla questione approvvigionamenti, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, non ha nascosto la sua preoccupazione, condivisa con il resto dell’Europa. In particolare, il rischio è di restare non a secco ma quantomeno indietro sui rifornimenti di “mangimi e sementi per i nostri animali”, oltre che sui metalli, l’argilla e tutto ciò che arriva dalla rotta dell’Est.
Finite le scorte, si ripropone uno scenario del tutto simile a quello di una quindicina di anni fa, quando la Russia chiuse i propri rifornimenti di gas. Un problema che, all’epoca, era stato risolto in quanto frutto di una divergenza priva di contesti bellici. Stavolta il discorso è diverso e le sanzioni rappresentano il punto di non ritorno. Anche se il presidente russo, Vladimir Putin, continua a garantire che la Russia rispetterà i propri impegni, le mosse anti-crisi sono più che mai necessarie. Il Mise ha ipotizzato addirittura lo stop dell’export. Decisamente più complesso il fronte dell’energia. L’Italia vive uno stato di preallerta e la riduzione dei consumi diventa essenziale.
Gas e illuminazione
Le Pubbliche amministrazione inaugureranno la nuova stagione di risparmio, coi palazzi pubblici meno illuminati del solito e i monumenti minori spenti. Al vaglio dei sindaci anche l’abbassamento di un grado delle temperature dei termosifoni, che dovrebbe garantire un risparmio fra il 5% e il 10%. Una soluzione temporanea che, almeno per il momento, dovrebbe tamponare l’emergenza. Persino le strade potrebbero essere meno illuminate durante alcune ore della notte. Nel caso peggiore, ovvero l’interruzione delle forniture, l’Italia dovrà accelerare sull’autosufficienza. Almeno 5 miliardi in più di produzione italiana, accanto a un maggiore approvvigionamento dai gasdotti del Nord Africa. Con lo stato di crisi, però, occorrerà andarci a braccetto ancora a lungo.