Davvero esiste la possibilità di un conflitto a colpi di atomiche? Lo spettro nucleare che ha accompagnato gli anni della Guerra fredda in realtà non si è mai allontanato.
Sembra passato un secolo da quando le cronache internazionali puntavano i loro riflettori sulla Corea del Nord e sui suoi periodici test missilistici. Con l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a trattare di persona affinché Pyongyang abbandonasse i suoi propositi nucleari.
Qualcuno all’epoca aveva provato ad azzardare qualche paragone con il periodo della guerra fredda. Forse non immaginando che, di lì a qualche anno, l’Europa si sarebbe ritrovata in una situazione ben più prossima al periodo di massima tensione fra i due blocchi. L’aggressione militare della Russia all’Ucraina, che nelle scorse ore il presidente Vladimir Putin ha continuato a chiamare operazione difensiva, sta scuotendo l’Unione europea e le forze Nato. L’impressione è che la manovra russa, che ha di fatto portato la guerra alle porte del Vecchio Continente, stia ponendo i governi occidentali di fronte a un aut aut. Un passo sul piano militare significherebbe allargare il conflitto. Un altro su quello economico influirebbe sì su Mosca ma senza mancare di riservare un effetto boomerang anche sull’Europa.
Un nodo difficile da sciogliere. La via diplomatica sembra l’unica alternativa a uno scenario che, di ora in ora, sembra compiere dei passi verso il punto di non ritorno. Senza contare che la sola possibilità di poter ricorrere alla deterrenza nucleare è sufficiente a tenere sull’allerta l’intera popolazione mondiale. I missili a corta gittata che animavano le tensioni fra Ovest ed Estremo Oriente sembrano un lontano ricordo. Certo, al netto di una legittima preoccupazione, si continua a ritenere improbabile che si arrivi a dar spazio alle armi atomiche. Il problema sono i contorni poco definiti della vicenda e, soprattutto, le conseguenze imprevedibili che potrebbero verificarsi qualora uno degli attori internazionali, coinvolto anche marginalmente, faccia un passo falso. Per ora si è rimasti sul piano delle minacce.
Guerra nucleare, uno scenario possibile? Cosa aspettarsi
In questi giorni i fiumi di inchiostro versati sono stati proporzionali al rischio che un conflitto epocale potesse finire per coinvolgerci tutti. Le analisi effettuate sono andate in ogni direzione. La frase-profezia di Albert Einstein, che si disse sicuro di una quarta guerra mondiale combattuta con pietre e bastoni se mai ve ne fosse stata una terza, è tornata alla ribalta quasi come un simbolo della paura che oggi, come oltre cinquant’anni fa, sta attanagliando il mondo contemporaneo. E in effetti, il materiale per sterminarsi a vicenda, purtroppo, ci sarebbe eccome. Confermando che gli uomini, per affermare la loro rilevanza sulla scena internazionale, affidano il loro potere a deterrenti bellici piuttosto che alla propria capacità di dialogo. Tanto per dire che non solo la Storia si ripete ma che lo fa con gli aggiornamenti tecnologici propri della sua epoca.
“L’abitudine” alla bomba
Del resto, una guerra nucleare altro non potrebbe essere che un frutto del seme della follia. Il dottor Stranamore, nella sua delirante analisi post-atomica, suggerì di salvare una parte di umanità, “allevandola” nelle miniere sotterranee per non esporle agli effetti delle radiazioni per non meno di cento anni. Praticamente un esercito di Morlock, refrattario al sole ed erede della classe operaia, in uno scenario futuristico anticipato circa cent’anni prima da H.G. Wells. Perché di esercito si trattava, visto che nella previsione dello stato maggiore americano “anche i russi avrebbero fatto la stessa cosa”. Risultato, la soluzione all’olocausto nucleare altro non era che salvare qualcuno per prepararlo a una nuova guerra.
Era il 1964 quando uscì quello che, a tutti gli effetti, fu il film-locandina della società appena scampata alla crisi dei missili di Cuba. E il fatto che una minaccia simile sia ancora oggi così attuale dimostra come, in fondo, le cose non siano così cambiate. Lo spettro della distruzione di massa, nel più assurdo dei paradossi, resta ancora l’arma psicologica che (almeno finora) ha mantenuto l’equilibrio fra le potenze. Senza nemmeno citarla esplicitamente. A fronte di una mattanza che non converrebbe a nessuno. Perché al di là dei discorsi etici e logici, difficilmente, al termine di un conflitto atomico, resterebbe qualcosa da spartire.
Un possibile scenario post-atomico
Tornare a parlare di bunker anti-atomici è come rivivere le propagande degli anni Sessanta, quando i governi dei blocchi “educavano” la popolazione a una sorta di programma da attuare in caso gli ordigni nucleari fossero stati sganciati. Un’abitudinarietà alla bomba di cui l’umanità, ancora memore delle sirene anti-aeree della Seconda guerra mondiale, avrebbe fatto volentieri a meno. Il governo americano provò persino ad alleggerire il peso dei possibili eventi, affidando a un celebre spot con Bert la tartaruga il compito di istruire la popolazione al programma anti-atomico. Nemmeno l’Italia mancò di mettere nel cassetto un piano d’emergenza.
Il punto è che, al netto di tutte le teorie fantascientifiche, un conflitto nucleare avrebbe conseguenze solo limitatamente arginabili o risolvibili dalle mere pareti di un bunker. A meno che l’umanità non possa realmente rifugiarsi in un buco e restarvi per cento anni. Sperando di ritrovare ancora una terra abitabile se e quando dovesse uscirne.
L’inverno nucleare
Una simulazione particolarmente significativa si deve al professor Owen Brian Toon, della University of Colorado Boulder, che ha ipotizzato gli effetti di una guerra nucleare fra India e Pakistan, due nazioni che da decenni ne minacciano una, pur a fronte di ordigni decisamente meno potenti di quelli in dotazione ad altri eserciti. Effetti che, oltre dovuti alle detonazioni vere e proprie, sarebbero soprattutto atmosferici. Polveri tali da impedire la formazioni di pioggia, sospensione per anni nell’atmosfera e riduzione della luce solare. Ergo, uno scenario quasi post-apocalittico. Qualcosa su cui Hollywood si è data da fare, tenendo presente che, purtroppo, l’umanità sembra migliorare in tutto, tranne che nella capacità di rafforzare i propri strumenti di dialogo.
Passato l’inverno atomico, ieri come oggi, difficilmente ci sarebbe ancora qualcuno in grado di andarsi a prendere il fondo delle miniere…