Dopo aver quasi innescato una nuova crisi di Governo, la riforma del catasto rischia di creare altri contraccolpi.
E’ stato l’unico dibattito politico a essersi ritagliato uno spazio nelle colonne dei giornali, invase da cronache e reportage dalla guerra in Ucraina. Ci si è giocati molto sulla riforma del catasto. E qualcosa ci si potrebbe ancora giocare.
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, non ha nascosto che sulla discussione delle nuove rendite catastali si è sfiorata la crisi di Governo. Anche se, ancora quest’oggi, il premier ha continuato a garantire che “nessuno pagherà più tasse sul catasto”, i contorni della nuova legge sembrano abbastanza incerti. La sensazione, infatti, è che il contraccolpo sui proprietari di immobili andrà a coinvolgere anche coloro che risultano possessori esclusivamente dell’abitazione principale. Inoltre, secondo gli osservatori, anche il calcolo dell’Isee rischia di esserne seriamente compromesso. E, a ben vedere, non è così difficile da immaginare. Il punto focale del dibattito è sempre l’articolo 6 della Delega fiscale.
Qui si afferma che, oltre alla rendita catastale, a tutte le unità immobiliari saranno attribuiti un valore patrimoniale e una valutazione di mercato, attualizzata alla situazione corrente. Per entrambi avverrà una periodica rivalutazione, anche se non è chiaro né il come né il quando effettivo. In pratica, stando così le cose, le imposte applicate agli immobili sarebbero inquadrate da regole non del tutto precise. O quantomeno dai confini labili. Del resto, non è un caso che sulla riforma del catasto il Governo abbia rischiato di incappare nell’ennesima crisi. Il principale terreno di scontro è stato allestito sulla futura Imu, per la quale si teme un utilizzo, a partire dal 2026, della rendita di mercato per effettuare il calcolo della base imponibile.
Le imposte dirette risultano essere il campo più preoccupante. L’applicazione maggiorata (in caso) della rendita di mercato si ripercuoterebbe anche sull’Irpef degli immobili non locati risultanti presso il medesimo comune, nel quale è collocata anche l’abitazione principale. In pratica, le imposte in questione potrebbero comportare un ulteriore esborso, specie per immobili acquistati o per successioni ereditarie. A salire per prima potrebbe essere l’imposta di registro, mentre nel secondo caso il rischio è che vengano modificati i metodi di valutazione, applicando le modifiche apportate dai nuovi metodi sia per il valore patrimoniale che per la rendita di mercato. In questo modo, le franchigie previste finora potrebbero essere rincarate, versando delle imposte che in teoria non sarebbero dovute.
La riforma del catasto potrebbe apportare delle modifiche anche al calcolo dell’Isee. E, pertanto, compromettere la richiesta di agevolazioni, fiscali e non, che lo richiedono e in un determinato quantitativo reddituale. Questo per un motivo molto semplice: per l’Isee si tengono in considerazione anche gli immobili di proprietà, abitazione principale inclusa, con valore determinato tramite base imponibile Imu. Un incremento di questa sulla base di un ricalcolo della rendita di mercato, andrebbe a creare un plusvalore in grado di alzare l’indicatore reddituale. Con una precisa conseguenza sulle tasche dei risparmiatori che, a questo punto, potrebbero ritrovarsi in deficit al momento di richiedere agevolazioni o bonus di turno.