Cosa c’entra Bitcoin con la guerra fra Russia e Ucraina? Secondo gli analisti qualche collegamento potrebbe esserci, seppure sottile.
Se calcolare l’effetto delle sanzioni alla Russia è complicato per i mercati ordinari, figurarsi per quelli notoriamente suscettibili come quello delle criptovalute.
Considerando i tempi che corrono, però, un’occhiata anche all’andamento dei token rientra negli atteggiamenti prudenziali del vademecum degli investitori. Anche se da qualche mese, forse per effetto della crisi, di Bitcoin e compagnia si è parlato con meno frequenza. Tuttavia, il sorprendente aumento dei prezzi delle ultime 24 ore è stato piuttosto interessante per gli analisti, che hanno iniziato a ipotizzare eventuali collegamenti fra la salita repentina e quanto sta accadendo in Ucraina. O meglio, le conseguenze del conflitto iniziato dalla Russia, prime fra tutte le sanzioni applicate dall’Unione europea. Come è noto, infatti, Bitcoin e le crypto in generale subiscono il riflesso delle grandi variazioni o, semplicemente, un’eventuale strategia di investimento volta a favorirle.
L’ultima giornata ha fatto segnare un rialzo sensibile delle quotazioni, col prezzo di Bitcoin tornato nuovamente sopra i 40 mila dollari. Cifra che ha di fatto consentito di recuperare quanto perso all’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Le quotazioni del mercato del crypto asset di riferimento, due settimane fa, erano scese oltre l’8%, trascinando con sé tutte le principali criptovalute. Un effetto che, inizialmente, non era stato attribuito immediatamente alle variazioni degli equilibri geopolitici, in particolare in previsione di una strategia sanzionatoria da parte delle potenze occidentali nei confronti di Mosca. Il rialzo delle ultime ore, forse non a caso, è coinciso con l’annuncio di nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
Bitcoin, il rialzo improvviso: c’entrano le sanzioni alla Russia?
L’andamento bullish di Bitcoin ha portato gli analisti a rivedere leggermente la propria posizione. E quantomeno a chiedersi se, in qualche misura, le sanzioni apportate al Cremlino possano aver in qualche modo sollecitato il mercato delle criptovalute. Spingendo inoltre gli investitori a chiedersi se il tutto possa aver giocato un ruolo sugli acquisti del Cremlino che, attraverso il sistema, potrebbero evitare gli effetti delle sanzioni. Un quadro complesso, considerando che gli esperimenti delle criptovalute di Stato non hanno avuto il successo sperato. Difficile, quindi, stabilire se vi sia effettivamente un legame fra la battaglia economica fra Occidente e Russia. Anche se, innegabilmente, Bitcoin e le altre crypto stanno giocando un ruolo di rilievo nel conflitto. Soprattutto come mezzo alternativo, per gli ucraini, tramite cui ricevere aiuti dall’estero.
Qualcosa di simile si era già visto ai tempi del lockdown ma, ora, le ragioni sono decisamente diverse. Le limitazioni stabilite dalla Banca centrale ucraina sulle transizioni di denaro digitale, ha spinto molti cittadini a cercare rifugio proprio nelle crypto, al fine di preservare i propri capitali da un’eventuale svalutazione. Allo stesso modo, gli esperti si chiedono se da Mosca possa essere usata una strategia simile per aggirare le sanzioni. Difficile anche se non impossibile. Difficile perché di liquidità sufficiente potrebbe non esserci e chi scambia Bitcoin per rubli potrebbe non riuscire a far fronte alla domanda di token da parte delle istituzioni finanziarie russe e dei cittadini.