La mobilitazione degli autotrasportatori rischia di lasciare i supermercati senza merci. Ma in bilico c’è l’intera produttività alimentare.
“Senza aiuti non possiamo andare avanti”. I mezzi termini sono finiti per le imprese di autotrasporti, sul piede di guerra per gli aumenti del carburante. L’impatto sull’indotto rischia di essere devastante.
Il tentativo di mediazione fra Unatras (assieme alle altre associazioni di categoria) e il Governo sembra aver dato parziali frutti. Almeno per ora, infatti, è stato scongiurato il blocco totale dei trasporti delle merci su strada. Le trattative, però, sono tutt’altro che rilassate. Sul tavolo, c’è un dossier decisamente scottante che, in caso di mobilitazione nazionale generale, rischia di lasciare i supermercati italiani privi degli approvvigionamenti. Uno scenario che nemmeno in tempo di lockdown si presentava così fosco. Stavolta, infatti, a gravare sulle spalle degli autotrasportatori è il caro benzina, destinato ad aumentare anche nei prossimi mesi. E per le imprese che si guadagnano da vivere trasportando merci su strada, l’80% delle quali viaggia su tir, rischia di trasformarsi in uno scoglio insormontabile.
Il gasolio per autotrazione, ad esempio, ha raggiunto i 2 euro al litro, colpito dagli aumenti extra del costo del carburante. Una situazione che le imprese definiscono insostenibile e che, senza aiuti concreti, potrebbe portare i lavoratori a incrociare le braccia. In questo caso, gli effetti sarebbero deleteri, specie in un periodo che punta a essere di parziale ripresa, specie per il rifornimento dei supermercati. A rischio anche la carenza delle materie prime e dei semilavorati per le industrie di trasformazione. In queste ore, alcune aziende hanno già spento i motori nel Lazio, e nel Sud Italia, soprattutto in Puglia, Molise e Sicilia. E nei prossimi giorni, la protesta potrebbe allargarsi anche ad altre Regioni.
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Non è difficile immaginare quanto il caro carburante abbia impattato su delle imprese che, in un periodo di scarsi consumi, hanno comunque mantenuto i propri standard di approvvigionamento. Al momento, i costi dei rifornimenti d benzina e gasolio rappresentano il 30% del totale destinato alla gestione. E, a fronte di prezzi non solo aumentati ma anche in ottica di ulteriori incrementi, alcune imprese rischiano il collasso. A tremare sono anche le imprese correlate, come la filiera di pasta e pane. Secondo Italmopa, un eventuale mobilitazione degli autotrasportatori significherebbe uno stop conseguente anche all’operatività delle imprese produttrici. Al momento è la Sicilia a suonare la campana d’allarme, poiché il rischio di uno stop dei trasporti porterebbe a una brusca frenata anche della produzione agricola. In un quadro in cui anche gli stessi agricoltori risentono della crisi energetica e dell’aumento del costo delle tariffe dell’energia.
Il problema, quindi, non sarebbe solo per i supermercati ma addirittura a monte. La possibilità di frenata, infatti, riguarderebbe non solo le ditte di trasporto ma, per effetto a catena, le stesse produzioni. I rincari diffusi, alla fine, rischiano di creare un mix esplosivo che potrebbe arrestare di colpo il sistema produttivo italiano nei suoi settori più salienti. L’industria alimentare, in pratica, cammina pericolosamente sul ciglio del baratro. Assieme agli autotrasportatori, anche gli industriali stanno sollecitando il Governo affinché venga adottato un piano di emergenza, per il settore molitorio in particolare ma per tutta l’economia italiana. Specie quella legata al settore alimentare (ed è tutt’altro che una percentuale esigua).
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Per quel che riguarda gli autotrasportatori, il caro carburante arriva in un momento in cui a essere in crisi è l’intero settore, messo quasi in ginocchio dalla carenza di personale conducente. Secondo le stime, il deficit sarebbe di almeno 20 mila unità. A pesare, sarebbero soprattutto questioni contrattuali e di qualità della vita. Il costo di benzina e gasolio in aumento, in sostanza, sarebbe lo sgambetto definitivo a un comparto già di per sé in crisi nera.