Il passaggio al digitale terrestre DVB-T2 iniziato lo scorso anno sta per completarsi. Ma quello che sta per accadere è inimmaginabile.
La data spartiacque è l’8 marzo. Dopo quel giorno tutte le emittenti nazionali e locali dovranno aver completato la migrazione dall’MPEG-2 all’MPEG-4, codec che consentirà una migliore visione grazie all’alta qualità della trasmissione.
Al di là delle questioni più strettamente tecnologiche, occorre sapere dopo l’8 marzo tutte le tv dovranno essere risintonizzate.
Un’operazione che si effettua con il telecomando dopo la quale alcuni canali potrebbero non essere più visibili. Dipenderà dai televisori.
Digitale terrestre, arriva il giro di boa: come cambieranno i canali
Nessun problema per quelli di ultima generazione o dotati di decoder compatibili in grado di ricevere i canali MPEG4, i proprietari di quelli più vecchi, che ricevono solo MPEG2, dovranno cercare manualmente le frequenze concesse alle emittenti per trasmettere con il vecchio codice. Il nuovo segnale non sarà ricevuto.
Dopo la risintonizzazione, ecco la lista automatica dei canali dopo l’8 marzo con le principali emittenti che occuperanno come sempre le prime posizioni di default ma trasmettendo con l’MPEG4 non visibile dunque per chi non ha tv e decoder compatabili.
Dal 10 in poi ci saranno i canali delle emittenti locali, in versione MPEG4 o MPEG2 per le emittenti locali che trasmettono ancora con il vecchio sistema. I canali nazionali MPEG2 saranno dopo il 500 dove si trovano ora gli HD. Per RaiNews24 il calendario è diverso a seconda delle regioni. In Lombardia il passaggio a MPEG4 del canale di informazioni è già avvenuto il 20 gennaio.
Secondo il report periodico sulla diffusione degli apparecchi TV in Italia della Fondazione Ugo Bordoni, 1,7 milioni di famiglie italiane circa non posseggono un dispositivo TV che riceve i canali HD e perciò non sono pronte per la transizione programmata per il prossimo 8 marzo che obbligherà gli operatori TV ad adottare la codifica Mpeg-4 (tecnologia in grado di far trasmettere i canali in alta definizione sul digitale terrestre).
Il nuovissimo Digitale terrestre è in arrivo: qual è il decoder più venduto (e il meno caro)
Il report realizzato dalla FUB con un sondaggio SWG a fine ottobre 2021, registra che 22 milioni di famiglie (il 92,8% della popolazione) sono invece già attrezzate per questo passaggio intermedio del dtt, e non avranno problemi quando i broadcaster nazionali eseguiranno il salto dal vecchio codec Mpeg-2 a quello nuovo per la maggior parte dei canali. C’è da dire che, a seconda delle scelte degli operatori TV, alcuni canali potranno rimanere in onda con la vecchia codifica, ma saranno spostati nella numerazione 500 in fondo alle liste automatiche del telecomando.
Se sintonizzando i vostri televisori sui canali 100 e 200 riuscite a vedere le una schermata con un riquadro bianco con la scritta “Test Hevc main” vuol dire che il vostro Tv è adatto alla ricezione del nuovo segnale. Non bisognerà dunque acquistare nè una nuova Tv nè un nuovo televisore. Basterà risintonizzare l’apparecchio. Se avete una Tv acquistata prima del 2015 è quasi sicuro che non vedrete nulla (dopo il 2022 visto che fino a quella data sia Rai che Mediaset che le altre aziende televisive continueranno a trasmettere col doppio segnale). Ma a quel punto allora bisogno di una nuova televisione o di un decoder. O di un’antenna over-the-air.
Sono 500 le emittenti locali italiane che rischiano di chiudere a causa dello switch off al nuovo Digitale Terrestre di seconda generazione DVB-T2. Di queste, 80 sono siciliane e hanno scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quello del Consiglio Mario Draghi, nella speranza di ottenere un rinvio dell’entrata in funzione del nuovo standard televisivo.
Il problema più urgente è il “refarming” delle frequenze, un processo che vi abbiamo più volte raccontato e che consiste nell’obbligo per le TV di liberare le frequenze usate da anni, perché lo Stato ha venduto quelle frequenze agli operatori telefonici che le useranno per il 5G. Ci saranno meno frequenze per le stesse emittenti, quindi, e il problema sarà in parte risolto con il passaggio al nuovo codec MPEG-4, più efficiente rispetto all’attuale MPEG-2. Per farla semplice: nello stesso numero di frequenze si riescono a trasmettere più canali. Ma non basta, perché alcune emittenti restano comunque fuori e tutte le altre, comunque, dovranno affrontare costi di aggiornamento delle attrezzature che non sempre possono permettersi.
Gli editori delle tv private siciliane sono letteralmente sul piede di guerra in questi ultimi giorni. Il nuovo sistema tecnologico potrebbe stravolgere il futuro di molti canali locali. Ed è per questo che in molti si sono uniti, in Sicilia, per inviare una nota collettiva al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio.
Il senso delle due missive inviate a Draghi e Mattarella appare chiaro. Il nuovo sistema digitale mette a rischio il futuro di decine e decine di emittenti private siciliane. La particolarissima situazione del territorio, scrivono gli editori, e la vicinanza ad altri paesi esteri, avrebbe creato, nel caso della Sicilia, una situazione estremamente sfavorevole.
Oltre due milioni di siciliani rischiano di non poter più ricevere il segnale della loro emittente preferita. Gli editori sollevano l’allarme, mettendo in evidenza, agli occhi della classe politica, l’importanza dell’informazione locale. I fatti parlano chiaro: ben 500 emittenti televisive private nazionali, di cui 80 siciliane, rischiano il tracollo.
Nuovo digitale terrestre, decoder tv gratuito e ti arriva direttamente a casa: chi ne ha diritto
L’obiettivo è quello di evitare, come conseguenza più nefasta, che decine di lavoratori perdano il proprio posto di lavoro. E’ questo il tema caldo toccato dalla missiva degli editori siciliani inviata a Draghi e Mattarella.
Si arrivano a proporre anche soluzioni concrete per evitare il peggio. Prima di tutto mettendo a disposizione più frequenze su cui spostarsi, a costi però nettamente più agevoli, anche perché i mezzi economici delle televisioni locali non consentono spese ingenti.
Inoltre si chiede, all’Agcom, la possibilità di implementare lo spazio della banda, in modo da permettere a tante emittenti locali di non sparire e di poter continuare a esistere, garantendo loro un futuro sereno, nel nome del valore e dell’utilità dell’informazione locale.