Effettuare un prelievo direttamente in banca o tramite Atm non è la stessa cosa. E per una serie di ragioni, che vanno dai costi alle limitazioni.
Prelevare denaro è un gesto in sé estremamente semplice. Basta recarsi presso uno sportello bancario o, meglio ancora, a un Atm per poter ritirare il contante necessario.
Si tratta di una di quelle operazioni abitudinarie, alle quali spesso non si presta peso, almeno non nella sua messa in atto. Eppure, già il solo fatto che possa essere eseguita in modi diversi, mette una pulce nell’orecchio. E non solo per la lotta al contante già da tempo avviata, quanto per capire se convenga una strategia piuttosto che l’altra. D’altronde, si penserà, il prelievo è finalizzato a sé stesso, o meglio, all’obiettivo di ritirare una somma, spesso contenuta, di denaro contante dal nostro conto corrente. Cosa potrebbe mai esserci di diverso? In effetti qualcosa c’è. Recarsi allo sportello della propria filiale di fiducia o eseguire tutto tramite lo sportello Atm non è esattamente la stessa cosa.
Chiaramente si ragiona in termini di costi e di altri dettagli, piuttosto che sulle tempistiche. In questo senso, il paragone avrebbe poca logica visto che, a meno di clamorose e improbabili code, ritirare denaro presso un bancomat richiederebbe meno tempo. Un punto focale della questione è soprattutto legato al quantitativo di denaro necessario. Come detto, il più delle volte le somme ritirate sono contenute. Non sempre però va così, per quanto per i pagamenti elevati si è imposto un limite, peraltro addirittura ristretto da gennaio (999,99 euro).
Bancomat: da lunedì costi del prelievo alle stelle, mai così alti
Se la somma necessaria fosse più elevata, lo diciamo subito, recarsi in filiale non è consigliato ma obbligatorio. Allo sportello bancario, infatti, per un prelievo di 70 euro o di 2 mila non si faranno differenze. Va tenuto conto, però, del fatto che la banca sarà tenuta a richiedere al correntista delle rassicurazioni sull’uso del denaro. L’obiettivo del limite a prelievi e versamenti, infatti, sta nel fatto di evitare reati quali il riciclaggio del denaro. E, per questo, incentivando la tracciabilità si è deciso di rafforzare anche i controlli sull’uso dei soldi, così che le spese siano in linea con i dichiarativi del contribuente. Il correntista dovrà quindi fornire alla banca un’autocertificazione per dichiarare quale sarà la destinazione d’uso del denaro. Per cifre superiori ai 10 mila euro, scatterebbe comunque una segnalazione all’Unità di informazione finanziaria (Uif), che verificherà l’eventuale presenza di attività illecite.
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Quanto detto vale per le persone fisiche. Per società o imprese, invece, il limite resta in tutti i casi, bancomat o sportello. Il tetto massimo sarà di 1.000 euro giornalieri e di 5 mila al mese. Lo sconfinamento provocherebbe i conseguenti controlli del Fisco, che richiederà la dimostrazione della destinazione del denaro ad attività lecite. Se il soggetto non fosse in grado di fornire spiegazioni, si potrebbe procedere per ipotesi di pagamenti in nero. In sostanza, il prelievo resta un’attività forse banale agli occhi del quotidiano ma tenuta decisamente sotto controllo. Senza contare che ritirare soldi al bancomat impone una soglia massima di erogazione, solitamente non superiore ai 500 euro al giorno. In caso di prelievo presso altro istituto di credito, inoltre, andranno aggiunti i costi di commissione. Pro e contro ci sono, come in tutte le cose.