Il revenge porn è un reato che mina sensibilmente la psicologia della vittima. E che, per questo, porta delle pesanti conseguenze penali a chi lo commette.
Il termine giornalistico è “revenge porn”. Ma, come spesso succede, dietro un termine si nasconde un mondo. Ma, in questo caso, più che di un mondo si tratta di un vero e proprio inferno.
Il nome dice tutto, anche per chi non mastica un alto livello di inglese. Una “vendetta pornografica”, ossia la condivisione priva del consenso diretto (e quindi del tutto illegale) di immagini intime riguardanti un’altra persona. Fatta con il preciso scopo di denigrare, ledere pubblicamente l’immagine di chi è ripreso nei filmati o nelle fotografie, potenzialmente rovinandone la vita. Il reato è disciplinato dall’articolo 612-ter del Codice penale, che stabilisce precise sanzioni per chi agisce in questo modo. Il problema è che, al netto della punibilità del reato, il revenge porn può colpire così a fondo da portare la vittima a pesantissime conseguenze sul piano personale, soprattutto a livello emotivo.
Danni che, in alcuni casi, si sono dimostrati troppo gravi per essere sopportati. Per questo non è necessario solo capire quali siano le pene previste dalla Legge ma anche conoscere il fenomeno e imparare a prevenirlo. Al fine di evitare che, ad esempio, la fine di una relazione possa trasformarsi in una violenza psicologica difficilmente sopportabile. Revenge porn è un termine che racchiude le tante variabili di una pratica illecita che abbraccia tutte le operazioni di condivisioni di materiale in modo non consensuale. Laddove per condivisione, naturalmente, si intende la pubblicazione sul web, con un numero di “spettatori” potenzialmente elevatissimo.
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Per quel che riguarda le sanzioni previste dal Codice penale, il concetto da tenere in considerazione è quello della responsabilità. Si tratta, infatti, di un reato che prevede la condivisione senza consenso esplicito di materiali che vengono ritenuti, da chi subisce, potenzialmente lesivi per la propria immagine. Il divieto di diffonderle riguarda tutte le piattaforme, dai social ai semplici gruppi di chat. La Legge ha disposto solo recentemente degli articoli precisi a riguardo, visto che il fenomeno è stato accresciuto dal potenziamento progressivo di internet. Inoltre, la normativa in questione è arrivata quando, per alcune vittime, la devastazione psicologica era stata tale da indurle ad atti estremi contro sé stesse.
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L’articolo 612 parla chiaro: chiunque realizzi o sottragga tale materiale a contenuto sessualmente esplicito, per poi consegnarlo, inviarlo o pubblicarlo in qualsiasi modo senza consenso, è soggetto a gravi conseguenze penali. Si va dalla reclusione fra uno e sei anni e una multa da 5 mila a 15 mila euro. Inoltre, lo stesso articolo prevede due aggravanti: innanzitutto se il gesto è commesso da un coniuge, ex coniuge o una persona con legame affettivo con la vittima e con uso di strumenti informatici. Inoltre, qualora il reato fosse compiuto contro persone incapaci di intendere e di volere, con disabilità o contro donne incinte. L’aumento della pena varia da un terzo alla metà. Resta inoltre punibile tutta la “catena” di persone che condivideranno a loro volta il materiale. Punizioni pari all’odiosità del reato, specie se dovesse trattarsi di revenge porn.