Contratto di lavoro determinato, occhio alle sorprese: le novità in corso

Il contratto di lavoro determinato ha subito notevoli evoluzioni negli anni. Cerchiamo di capire insieme quali sono le novità principali.

Caratteristica fondamentale di questo tipo di contratto, che può essere sottoscritto per qualsiasi mansione, è la durata prestabilita. Durata a prescindere dalla quale, il lavoratore con un contratto a tempo determinato gode degli stessi diritti (e doveri) dei lavoratori a tempo indeterminato parimenti inquadrati per mansione e livello.

Contratto determinato
Contratto determinato: tutto quello che c’è da sapere

Stiamo parlando nello specifico di una posizione lavorativa che prevede appunto una durata prestabilita per legge, riportata per iscritto, e di conseguenza un termine finale. Può durare massimo 12 mesi e da tale contratto può recedere, con il dovuto preavviso, sia il datore di lavoro sia il dipendente, prima della conclusione prevista.

Contratto di lavoro determinato: le caratteristiche

Vediamo i dettagli della casistica che prevede che un contratto a tempo determinato possa arrivare a durare anche 24 mesi. Esaminiamo quali sono le condizioni in cui tutto questo può verificarsi.

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
  • in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a 12 mesi in assenza delle predette condizioni, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento dei 12 mesi.

La durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contatti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria, non può superare i 24 mesi, salve le seguenti eccezioni.

  • diverse disposizioni dei contratti collettivi;
  • attività stagionali.

Qualora il limite dei 24 mesi sia superato, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

Le norme di riferimento

La disciplina di questa tipologia di contratto è stata recentemente modificata dal Jobs Act (D.Lgs. 81/2015).

Alcune disposizioni del Jobs Act sono poi state oggetto di modifica da parte del Decreto Dignità (D.L. 87/2018), che si applica a tutti i contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del Decreto e alle proroghe successive alla data del 31 ottobre 2018.

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Le novità in corso quest’anno

Le novità sono contenute nell’art. 41-bis ove alle causali legali, già previste dal comma 1 dell’art. 19 del D.L.vo n. 81/2015 ne sono state aggiunte altre che fanno riferimento (lettera b-bis) a “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51”.

Ma questa non è la sola novità in quanto il Legislatore, dopo il comma 1, ha introdotto il comma 1.1, il quale afferma che: “Il termine di durata superiore a 12 mesi ma, comunque, non eccedente i 24, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’art. 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

La Riforma Fornero

La recente riforma Fornero è intervenuta specificatamente sui presupposti di legittimità per la stipulazione di tali contratti, rendendo decisamente più difficoltoso l’utilizzo di tale tipologia contrattuale, al fine – sperato – di evitarne un utilizzo fraudolento. Si legga l’interessante pronuncia relativa ad un notevole risarcimento riconosciuto dal Giudice del Lavoro di Trapani, con sentenza n. 90/2013 del 15/02/2013, proprio in relazione ad una fattispecie di abuso di utilizzo di contratti a termine.

Inoltre, proprio al fine di disincentivarne l’utilizzo, è stata introdotta per i datori di lavoro una maggiorazione di un’aliquota aggiuntiva dell’1,4 % calcolata sulla retribuzione imponibile, sui contratti a tempo determinato (destinata a finanziare l’Aspi). Del pari, al fine di incentivare la sottoscrizione di contratti a tempo indeterminato, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro decida di modificare il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, gli ultimi 6 mesi di contributi addizionali versati saranno restituiti. La restituzione avviene anche nel caso in cui il datore di lavoro assuma il lavoratore a tempo indeterminato, entro il termine di 6 mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine.

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Il contrato a termine “acausale”

Il primo contratto a termine può essere “acausale”: secondo la Legge Fornero, il primo contratto di lavoro a tempo determinato concluso fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore può essere stipulato senza l’indicazione di alcuna ragione giustificatrice, con una durata massima di 12 mesi. Questo significa che uno stesso datore di lavoro, dopo aver assunto un lavoratore con un contratto a tempo determinato acausale (ex art. 1 comma 1bis Dlgs 368/2001), non lo può più riassumere con la stessa tipologia contrattuale, né per fagli svolgere mansioni diverse, né a distanza di tempo. E’ ammessa la successiva stipula di altri contratti a termine, nel rispetto delle previsioni e limitazioni del Dlgs 368/2001, e con l’indicazione della causa.

Il contratto a tempo determinato acausale, così stipulato, NON può essere prorogato o reiterato, a prescindere dalla sua durata, quindi anche se inferiore all’anno.

Decreto Dignità

Con l’entrata in vigore Decreto Dignità, il numero delle proroghe ammesse si è ridotto a 4.

Tale disposizione è valida per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del Decreto e per le proroghe successive alla data del 31 ottobre 2018 (con indicazione della specifica esigenza che giustifica il prolungamento del termine)

Restano invece invariati i seguenti punti stabiliti dal Jobs Act:

  • conseguenze per il mancato rispetto del numero massimo di proroghe
  • periodo minimo obbligatorio di intercorrenza tra un contratto e l’atro
  • contratto attivato dinnanzi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro
  • trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato in caso di violazione della normativa

La causale del contratto a tempo determinato

Prima del Jobs Act, il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato poteva essere utilizzato solo in presenza di ragioni tecniche, produttive, organizzative e/o sostitutive.

Con il Jobs Act, non sussiste più l’obbligo per l’azienda di indicare la causale per la stipulazione di un contratto a tempo determinato.

A seguito delle modifiche del Decreto Dignità, tuttavia, è stata introdotto l’obbligo di indicare una specifica esigenza solo al fine del superamento della durata del contratto, potendo così portare il contratto da 12 mesi ad un massimo di 24 mesi o in caso di rinnovo.

Sia in caso di proroga che di rinnovo, la mancanza dell’indicazione dell’esigenza giustificativa implica la trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato.

Dimissioni e licenziamento

Nel contratto di lavoro a tempo determinato il rapporto di lavoro termina naturalmente alla scadenza del termine indicato, senza necessità di alcuna comunicazione da parte del datore o del lavoratore.

A differenza del contratto a tempo indeterminato, nel contratto a tempo determinato non è prevista la possibilità del recesso anticipato attraverso il preavviso. Come recedere prima del termine quindi?

Nel caso in cui il contratto a termine preveda il periodo di provale parti possono recedere liberamente durante tale periodo, senza dover specificare alcuna motivazione.

Laddove il periodo di prova non sia previsto e sia già trascorso, il licenziamento o le dimissioni potranno avvenire per giusta causa. Ossia quando si sia verificato un fatto tanto grave da impedire una prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto di lavoro.

Non è contemplato il licenziamento per giustificato motivo, né soggettivo né oggettivo.

Il licenziamento senza giusta causa avvenuto prima del termine stabilito dal contratto comporta automaticamente il diritto del lavoratore a richiedere un risarcimento del danno. Questo è pari alla somma di tutte le retribuzioni che gli sarebbero spettate fino alla scadenza prevista.

Anche le dimissioni senza giusta causa – ossia l’interruzione anticipata da parte del lavoratore – potrebbero comportare il risarcimento dei danni a favore del datore di lavoro. Ciò si traduce nel concreto in una trattenuta nella busta paga del dipendente.

In assenza di una giusta causa, resta comunque la possibilità per le parti di concordare l’interruzione anticipata.

Orari di lavoro e compenso

Il contratto a tempo determinato può essere a tempo pieno o a tempo parziale.

Il contratto di lavoro a tempo determinato part time può essere:

  • verticale: l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma solo per determinati periodi nel corso della settimana, del mese o dell’anno (ad esempio 8 ore per soli 4 giorni a settimana)
  • orizzontale: l’orario di lavoro giornaliero risulta inferiore all’orario normale (ad esempio solo 4 ore al giorno anziché 8)
  • misto: l’orari di lavoro combina le due modalità verticale e orizzontale (ad esempio 4 ore al giorno per una settimana una volta al mese)

Contratto part-time oggi: quello che devi sapere per non avere sorprese

Il compenso spettante al lavoratore a tempo determinato è individuato sulla base del CCNL applicato, in base alla quantità di lavoro effettivamente svolto.

La normativa prevede espressamente che il trattamento economico e normativo dei lavoratori a tempo dipendente sia pari a quello dei lavoratori a tempo indeterminato. Ovvero di coloro che sono inquadrati nello stesso livello e in proporzione al lavoro effettivamente prestato.

Nel caso in cui il datore di lavoro attui un trattamento discriminatorio dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato, sono previste sanzioni amministrative.

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