L’ad del Gruppo, Carlo Fuortes, torna a esporre perplessità sull’esiguità del Canone Rai rispetto alle trattenute applicate. E (ri)fa capolino l’ipotesi aumento.
Se ne era parlato a suo tempo, risolvendosi in un nulla di fatto. Ora, però, l’ipotesi di un aumento del Canone Rai torna prepotentemente in Commissione lavori pubblici del Senato, dove l’amministratore delegato del Gruppo Rai, Carlo Fuortes, è tornato alla carica sullo scarso apporto della tassa al servizio della tv pubblica. Anzi, secondo l’ad “il relativo valore unitario” della tassa sulla tv, ovvero 90 euro, “è il più basso di tutta Europa“. E per questo il suo apporto, seppur fondamentale, diventerebbe relativo nei numeri. Discorsi che gli italiani probabilmente non gradiranno. Come del resto mai hanno gradito l’applicazione di una tassazione sul possesso di un dispositivo domestico in grado di trasmettere qualcosa che, potenzialmente, potrebbe anche essere non visto.
Tuttavia, specie dopo l’introduzione all’interno della bolletta dell’elettricità (disposizione peraltro in via di revoca), i contribuenti hanno pagato regolarmente il Canone Rai, continuando a usufruire dei vari servizi offerti dalla Rai. Il problema è che l’importo della tassa, secondo l’amministratore delegato Fuortes, non sarebbe sufficiente a coprire le spese, trattandosi peraltro di una somma ben distante da quella applicata dagli altri Paesi. Addirittura, l’ad spiega come il Canone esiguo renda “quasi irrilevante la compresenza compensativa, per Rai, degli introiti della raccolta pubblicitaria”.
Già nei mesi scorsi, Fuortes aveva portato l’esempio della Francia, dove la tassa ammonta a 138 euro. Inoltre, la Rai percepirebbe solo l’86% dell’importo totale, considerando le varie trattenute. Percentuali che sarebbero inferiori a tutti i maggiori Paesi europei, inclusi Germania (98%) e Regno Unito (96%). In pratica, le risorse attualmente disponibili non solo sarebbero incongrue e instabili ma anche insufficienti, in quanto “possono essere facilmente modificabili”. Per questo sul tavolo torna a manifestarsi un’idea che certamente non incontra il favore degli italiani, ovvero quella dell’aumento del Canone Rai. Una decisione che andrebbe a pareggiare il bilancio reso deficitario dal mancato incasso della totalità degli importi derivati dal pagamento della tassa. “Se nelle casse della Rai arrivasse l’intero canone derivante dai 90 euro molti dei discorsi che stiamo facendo non sarebbero fatti”.
Canone Rai, c’è un pericolo di cui nessuno vi parla: come evitarlo
Fatto sta che questi discorsi si fanno. E l’obiettivo della Rai, ha spiegato l’ad, “è quello di essere rilevanti, universali, quindi di avere una grande audience, non è quello di avere pubblicità”. La decisione fra sistema duale o solo Canone dovrà essere ad appannaggio del Parlamento, anche se Fuortes chiede di considerarne gli effetti sull’azienda. Ogni anno la Rai avrebbe registrato risorse minori e il solo ricavo per intero del Canone sarebbe sufficiente a gestire i conti dell’azienda. L’aumento ci sarebbe nel caso in cui fosse abolita la pubblicità, principale motore finanziante del servizio pubblico. Nei mesi scorsi era stata avanzata l’ipotesi di estendere la tassa ai dispositivi mobili, esentati dal Canone ma comunque utilizzabili per usufruire dei medesimi servizi pubblici. Una proposta respinta al mittente. Eppure lo spettro dell’aumento torna a gravare sui salotti degli italiani, ancora in pandemia.