Pensione con Quota 102, facciamo due conti: quanto si potrebbe perdere al mese

Il sistema di Quota 102 conviene davvero? Uscire con tre anni di anticipo potrebbe far rinunciare a qualche soldo. Ecco quanti.

Quota 102 perdita
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Quota 102 è pronta a entrare ufficialmente in vigore dopo il messaggio dell’Inps che regola le modalità di accesso. Un sistema pensione che sostituirà Quota 100 in coabitazione con altri strumenti di pensionamento anticipato e che dovrà traghettare i contribuenti verso la riforma del 2023. Quest’anno, in pratica, alcuni lavoratori potranno andare in pensione con 64 anni di età anagrafica e almeno 38 di contributi: due anni in più, sia in un caso che nell’altro, rispetto a quanto previsto da Quota 100. Si tratta, come previsto, di poche migliaia di lavoratori che, effettivamente, potranno utilizzare il sistema per l’anno in corso. Peraltro, in merito ai vantaggi, c’è da dire che non tutti sembrano effettivamente trarre dei benefici dall’uscita anticipata rispetto alla pensione ordinaria.

I nati nel 1958 con 38 anni di contributi sembrano un passo avanti a tutti, in quanto potranno uscire dal lavoro con 3 anni di anticipi rispetto a quanto previsto con la normale pensione di vecchiaia. Per tutti gli altri la differenza non sarà poi molta: chi è nato prima di quella data si trova ormai a poco tempo dall’assegno ordinario, mentre coloro nati successivamente non trarranno vantaggi da Quota 102, in quanto non raggiungono l’età anagrafica.

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E’ bene quindi pensarci prima di andare a cogliere a cuor leggero l’opportunità di Quota 102. Anche perché c’è il rischio di dover rinunciare a qualche soldo. Il dubbio, quindi, è se scegliere di rinunciare a qualcosa e approfittare del nuovo sistema pensionistico, oppure se attendere ancora un paio d’anni e mantenersi la possibilità di una pensione invariata con l’assegno ordinario. In questo caso, meglio farsi due conti: anticipare l’uscita di tre anni, come detto, sembra convenire esclusivamente ai nati nel ’58 e con almeno 38 anni di versamenti. La regola della rendita, però, vale sempre: più si ritarda l’accesso alla pensione e più questa sarà maggiore. Questo perché l’applicazione del coefficiente di trasformazione al montante contributivo andrà a crescere in modo proporzionale all’età del lavoratore.

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Un sistema che vale per qualunque lavoratore, a prescindere dalla sua condizione lavorativa. Ad esempio, qualora sia stato accumulato un montante contributivo di 200 mila euro, il coefficiente applicato a 64 anni sarà del 5,06%. Uscire a 67 anni, quindi, consentirà un coefficiente alzato al 5,57%. Uno scalino di 1.000 euro che, chiaramente, andrebbe a sparire se si dovesse uscire dal lavoro con tre anni di anticipo, rinunciando a circa il 10%. Questo avverrebbe in questa esatta modalità qualora parte dei contributi versati siano antecedenti al 1996, quindi calcolati con metodo retributivo e liquidati secondo la logica del sistema misto. In questo senso, per un lavoratore nato nel 1958, la rinuncia sarebbe di circa 85 euro al mese. In questo, forse, sarebbe meglio attendere ancora un po’. Anche considerando che, ai nati in anni precedenti, il problema si porrebbe ma a cifre decisamente inferiori.

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