Chi percepisce assegni di reversibilità dovrà fare attenzione. L’Inps ha determinato le nuove soglie di cumulo fra pensioni e redditi. Il taglio è dietro l’angolo.
Non c’è nemmeno il tempo di sorridere per gli effetti dei tagli delle aliquote e della rivalutazione degli assegni. Il vento per le pensioni degli italiani sembra già in procinto di cambiare e nemmeno fra troppo tempo. L’unica buona notizia è che la sforbiciata (perché di questo si tratta) sugli assegni non riguarderà tutti i beneficiari del trattamento. Dal momento che con l’arrivo del novo anno sono state fissate anche le nuove soglie per il cumulo fra pensione e altri redditi, il rischio per alcuni contribuenti è che l’importo complessivo scivoli verso il basso. Il problema, infatti, è che le eventuali discordanze riscontrate porterebbero a un taglio già nei primissimi mesi dell’anno.
Gennaio, vista la combinazione fra rivalutazione e taglio delle aliquote, la variante negativa potrebbe essere evitata. Da febbraio, tuttavia, per molti titolari di assegno pensionistico la situazione potrebbe cambiare. Il calcolo cumulativo, infatti, a norma di legge tiene in considerazione tutti i proventi fiscalmente rilevanti. Le pensioni, quindi, figurando come trattamento previdenziale, potrebbero essere rivalutate all’ingiù per chi percepisce delle misure come la pensione di reversibilità. Tale trattamento, infatti, viene erogata ai familiari di un lavoratore o pensionato deceduto, per un importo calcolato in base al nuovo beneficiario. Già di per sé, quindi, non si tratta dell’intero importo. E’ tuttavia possibile, in alcuni casi, ottenere un assegno integrativo.
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Per quanto riguarda le pensioni di reversibilità, quindi, l’importo può variare in base al ricevente. E in modo anche consistente. Sapere l’importo diventa quindi indispensabile, specie in ottica di un taglio in caso di discordanze fra quanto percepito e i redditi complessivi. Il cumulo delle pensioni, infatti, può portare a decurtazioni altrettanto considerevoli, pari al 25%, 40% o 50% a seconda dello status reddituale. Anche tale pratica è regolata a norma di legge (la n. 335 dell’ 8 agosto 195) e quindi inevitabile. L’Inps, per questo, si riserva di fissare i limiti per i vari anni, applicandoli ai redditi dei percettori. Le riduzioni, spesso, non entrano immediatamente in vigore. Ma questo non dipende dalla magnanimità del sistema previdenziale, quanto dalla mancanza di alcune informazioni base.
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Le quali, chiaramente, sono ad appannaggio del contribuente. Trasmettere la Dichiarazione della situazione reddituale (il cosiddetto modello Red) è fondamentale in quanto è da lì che l’Inps appurerà la presenza di eventuali discrepanze. Questo perché l’Istituto di previdenza sociale andrà a comparare i dati presenti nel documento con quelli a disposizione nei database dell’Agenzia delle Entrate, determinando quindi eventuali decurtazioni da applicare. Per il 2022, l’Inps ha stabilito nuovi parametri: i redditi fino a 20.429,37 euro, ad esempio, non subiranno tagli. Quelli compresi fra 20.429,37 e 27.239,16 euro, invece, incorreranno in una decurtazione del 25%. E ancora, i redditi fra 27.239,16 e 34.048,95 euro subiranno un taglio del 40%, mentre quelli superiori incoreranno direttamente nel dimezzamento.