La differenza tra firma congiunta e disgiunta è fondamentale per un conto cointestato. Anche se, su determinate operazioni, subentrano numerose variabili.
Al momento dell’apertura di un contratto di mutuo con una qualsivoglia banca, è tutt’altro che infrequente che gli intestatari, qualora si tratti di una coppia, scelga contestualmente di aprire un conto corrente cointestato. Uno strumento che consente una gestione sostanzialmente paritaria delle risorse finanziarie ma che, rispetto al classico conto bancario, richiede la determinazione di precise regole fra i due cointestatari. Questo per evitare spiacevoli conseguenze in caso di utilizzo indebito delle risorse in questione. Per quel che riguarda il conto cointestato, va innanzitutto fatta una differenziazione fra la firma congiunta e quella disgiunta.
Un dettaglio di nome ma non di fatto, dal momento che tale distinzione è fondamentale per la fruizione stessa del conto. La differenza principale fra le due varianti, infatti, consiste proprio nei poteri che concedono ai cointestatari. Nel caso di un conto cointestato a firma congiunta, una determinata operazione avrà bisogno dell’approvazione di tutti i titolari per poter essere ammessa. La firma disgiunta, invece, consente a uno dei titolari di agire in modo autonomo. Questo in linea di massima. Le normative, infatti, si fanno più stringenti qualora uno dei cointestatari scelga di effettuare operazioni importanti come la chiusura del conto.
Conto cointestato, chi tiene il piatto? Ecco di chi sono i soldi
Si tratta di una situazione limite. Le banche, infatti, solitamente non consentono di effettuare operazioni come la chiusura di un conto cointestato con disponibilità totale della somma di denaro per un unico correntista. Nemmeno in caso di morte di uno dei cointestatari, al fine di evitare beghe legali coi possibili eredi. Come detto, però, tali norme sono applicate in linea di massima. Va tenuto conto di alcuni precedenti in termini giurisprudenziali che, in determinati casi, hanno concesso il prelievo dell’intera somma a uno dei titolari senza ripercussioni legali da parte degli eredi dell’altro verso la banca. La sentenza in questione, pronunciata dalla Cassazione, pone la questione della solidarietà attiva fra banca e correntisti. Anche se, per la verità, il pronunciamento si riferisce alla disposizione dell’intera somma, secondo alcuni giuristi sarebbe estendibile anche al concetto di chiusura.
Conto cointestato, occhio ai prelievi: il gesto che potrebbe costarvi caro
Si tratta, come si diceva, di una situazione limite. Portata ad esempio da circostanze estreme quali, appunto, il decesso di uno dei cointestatari. Nonostante gli esempi riportati, tuttavia, alcune banche si riservano di contestare operazioni che possano portare uno dei titolari del conto cointestato, anche fosse l’unico in vita, a disporre dell’intera somma. Secondo ProiezionidiBorsa.it, la soluzione ideale sarebbe la portabilità della cifra su un altro conto indipendente, per poi procedere alla chiusura. Un’operazione che potrebbe avvenire anche senza rivolgersi alla vecchia banca, per la quale si potrebbero far valere i suddetti principi giurisprudenziali. Difficilmente il nuovo istituto di credito si opporrebbe a una portabilità di questo tipo.