In pensione con 30 anni di contributi: ecco perché conviene

Una variabile della pensione come l’Ape Sociale consente diverse soluzioni di collocamento in quiescenza. E in caso di iscrizione a un’unica gestione può essere utile.

Pensione 30 anni contributi
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Gli strumenti di accompagnamento alla pensione, spesso, fanno parte di un catino di possibilità che si tende a non utilizzare. Non tanto per una mancata volontà di terminare in anticipo i decenni di attività lavorativa, quanto per il timore che, al momento di incassare il vero assegno, si possa incorrere in qualche taglio. Tuttavia, alcune formule previdenziali sono state pensate appositamente per evitare questo tipo di problemi. E il collocamento in quiescenza dei lavoratori prevede diverse possibilità per essere, appunto, “accompagnati” alla pensione. Visto il sistema basato sulla contribuzione introdotto ormai più di vent’anni fa, i requisiti base per ogni meccanismo pensionistico riguardano età anagrafica e anni di contribuzione.

E anche il collocamento in quiescenza non fa eccezione. Offre però alcune possibilità, altrimenti impossibili per chi ha determinati periodi di contribuzione. E’ il caso, ad esempio, di chi ha versato almeno tre decenni di contributi (quindi trent’anni esatti). Costoro potrebbero infatti usufruire di un assegno mensile che anticipa la pensione di vecchiaia. In pratica, chi ha versato trent’anni di contributi potrà accedere alla pensione prima dei 67 anni, sfruttando una sorta di accompagnamento.

Pensione di “accompagnamento”: quanto spetta a chi ha 30 anni di contributi

Come si calcola l’assegno in questi casi? Ragionando in un’ottica prossima, quindi al 2022, il lavoratore con trent’anni di contributi dovrebbe avere iniziato a lavorare perlomeno nel 1992, quindi prima dell’introduzione del sistema contributivo. Per la pensione di vecchiaia, al compimento dei 67 anni basterà averne versati almeno 20 di contributi. Nel 2022, però, sarà possibile usufruire anche di altre agevolazioni per il pensionamento anticipato, in primis con il rafforzamento dell’Ape Sociale. In contemporanea, l’Inps incrementerà i controlli sui titolari delle pensioni, con sospensione dei pagamenti per chi non risulterà in regola con la documentazione. Tornando però a chi si approssima ai trent’anni di contributi, varrà una formula strettamente connessa proprio alla proroga dell’Ape Sociale.

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Svolgere un lavoro usurante, infatti, non sarà sufficiente. Secondo quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2017, le categorie di lavoratori che possono accedere alla misura dovranno aver versato perlomeno trent’anni di contributi, ventinove per le lavoratrici con figli (per le quali però è disponibile anche la variante di Opzione Donna). In caso di iscrizione a un’unica gestione previdenziale, l’indennità dell’Ape Sociale potrebbe consentire di fruire di un importo mensile anche di 1.500 euro, a seconda dei requisiti. Il calcolo del montante contributivo sarà quindi fondamentale al fine della valutazione dell’assegno pensionistico. In caso di iscrizione a più gestioni previdenziali, il calcolo sarà “pro quota”. Unico requisito ulteriore alla contribuzione sarà l’età: il lavoratore che accede ad Ape Sociale, dovrà avere perlomeno 63 anni.

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