Pensione, c’è chi rischia il taglio dell’assegno: importanti cambiamenti in vista da gennaio 2022

Importanti cambiamenti in vista a partire da gennaio del nuovo anno, con molti che rischiano il taglio dell’assegno. Ecco cosa c’è da aspettarsi.

Pensione taglio 2022
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Manca ormai poco alla fine del 2021 e siamo quindi pronti a dare il benvenuto al 2022. Un nuovo anno che, si spera, possa portare con sé una ventata di positività, dopo aver fatto i conti con due anni particolarmente difficili a causa dell’impatto negativo del Covid. Riuscire a far fronte alle varie spese risulta sempre più complicato e se tutto questo non bastasse gli importi delle pensioni continuano ad essere, spesso, oggetto di critiche.

Questo in quanto sono ritenuti particolarmente bassi. Proprio soffermandosi sulla pensione, inoltre, a partire dal prossimo anno si dovrà fare i conti con delle importanti novità. Se è pur vero che molti pensionati potranno beneficiare di un assegno più ricco per effetto della rivalutazione, volto ad adeguare gli importi al costo della vita; dall’altro canto molti rischiano di dover fare i conti con il taglio dell’assegno. Ma per quale motivo? Entriamo nei dettagli per vedere tutto quello che c’è da sapere in merito.

Pensione, importanti cambiamenti in vista da gennaio 2022: tutto quello che c’è da sapere

La pensione viene considerata, da molti, uno dei traguardi più importanti della propria vita. Dopo aver trascorso la maggior parte della propria esistenza a lavorare, infatti, è possibile finalmente staccare la spina dai vari impegni lavorativi e dedicarsi alle proprie passioni. Allo stesso tempo, purtroppo, non mancano le brutte sorprese.

Basti pensare che molti non sanno che prenderanno un mini assegno. Un vero e proprio scenario da incubo, quello che si prevede per il sistema pensionistico del nostro Paese, che rischia diventare una concreta realtà molto prima di quanto si possa pensare. In tale ambito, infatti, interesserà sapere che con l’arrivo del nuovo anno in molti rischiano di dover fare i conti con il taglio dell’assegno.

Proprio in queste ore la Legge di Bilancio di previsione per il 2022 è all’esame della Camera dei deputati. La manovra finanziaria, infatti, deve essere approvata entro la fine del 2021 e porterà con sé tante importanti novità con l’arrivo del nuovo anno, come ad esempio Quota 102 per poter andare in pensione.

Questo vuol dire che per andare in pensione bisognerà avere almeno 64 anni di età e 38 anni di contributi. In seguito all’ampliamento e alla proroga dell‘Ape sociale, però, sarà possibile andare in pensione un anno prima, ovvero a partire dai 63 anni di età. Per quanto riguarda Opzione Donna, invece, bisognerà avere 58 o 59 anni di età a seconda che si tratti di lavoratrice dipendente o autonoma, e 35 anni di contributi.

Pensioni, occhio ad Opzioni Tutti: calcolo della pensione con sistema contributivo

Dopo aver visto alcune delle misure attraverso le quali poter andare in pensione nel 2022, è bene sottolineare che a partire dal 2023 si rischia di dover fare i conti con la legge Fornero. Proprio per questo motivo il governo starebbe pensando di introdurre qualche flessibilità in più, attraverso una misura ribattezzata Opzione Tutti.

Ovvero, come si legge su Il Giorno: “la possibilità di lasciare il lavoro dal 2023 dai 63-64 anni in avanti, ma con il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno (che comporta un taglio dell’importo variabile tra il 10 e il 25%)“. Entrando nei dettagli, inoltre, interesserà sapere che in base a una simulazione della Cigl, se dovesse entrare in vigore Opzione Tutti si rischia di perdere fino al 35% della pensione. In particolare il ricalcolo della pensione con il sistema contributivo comporterebbe una perdita netta sull’assegno compresa tra il 20 e il 35%.

È facile quindi desumere che verranno, eventualmente, effettuati dei ricalcoli sulle pensioni, con molti che rischiano pertanto di dover fare i conti con il taglio dell’assegno. A risultare maggiormente penalizzati sono coloro che si trovano nel sistema misto, con diversi contributi maturati prima del 31 dicembre 1995.

Entrando nei dettagli, a titolo di esempio, chi esce dal lavoro con 15 anni di contributi maturati entro la fine del 1995, riceverà, nel caso in cui dovesse passare ad Opzione Tutti, una pensione pari a 674 euro al mese, al posto di 870 euro. Coloro che hanno maturato 10 anni di contributi entro il 31 dicembre del 1995, invece, si ritroverebbero a percepire 731 euro al posto di 846 euro al mese.

Pensioni, ipotesi Quota 93 e taglio dell’assegno con Opzione Donna

Per quanto concerne l’Ape Sociale, come riporta Il Giornale, tale misura è stata ampliata ad altre otto categorie lavorative, in quanto ritenuti lavori gravosi. In particolare potranno andare in pensione a 63 anni di età e 36 di contributi anche gli insegnanti della scuola materna, così come coloro che lavorano nelle pulizie e giardinieri.

Per quanto riguarda gli edili, invece, si fa sempre più largo l’ipotesi di quota 93, che permetterebbe loro di andare in pensione con 32 anni di contributi. Come già detto, inoltre, Opzione Donna verrà prorogata. Tale misura, come facilmente intuibile dal nome, è dedicata alle donne e permette alle lavoratrici di lasciare anticipatamente il mondo del lavoro.

In grado di attirare in poco tempo l’interesse di una buona fetta di donne, è bene ricordare che per poter beneficiare di Opzione Donna il calcolo dell’assegno verrà effettuato per intero attraverso il sistema contributivo. In questo modo si dovrà fare i conti con un taglio del 25-30% sull’importo complessivo del trattamento economico.

Pensione anticipata per i lavoratori di piccole e medie imprese in crisi: cosa c’è da aspettarsi

Sempre a proposito dei cambiamenti previsti con l’arrivo del nuovo anno, si ipotizza l’arrivo di un’importante novità per i lavoratori di piccole e medie imprese in crisi per via dell’impatto negativo del Covid. È previsto, infatti, lo stanziamento di un fondo da 200 milioni di euro l’anno per i prossimi tre anni.

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Grazie a tale fondo, quindi, in molti potrebbero uscire anticipatamente dal mondo del lavoro a 62 anni di età. Si resta comunque in attesa di ulteriori delucidazioni in merito, con il Fondo che sarà regolamentato molto probabilmente entro febbraio attraverso un decreto del ministro dello Sviluppo economico assieme ai ministeri dell’Economia e del Lavoro.

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